Birba

bìr-ba

Significato Monello, birichino; furfante, truffatore, accattone

Etimologia da una voce imitativa e onomatopeica basata sulla sequenza di consonanti b–r–b, attraverso il francese bribe ‘tozzo di pane’.

  • «È diventato davvero una birba!»

Quel matto birbone di don Rodrigo! Cosa gli mancherebbe per esser l’uomo il più felice di questo mondo, se avesse appena un pochino di giudizio?” Queste parole le mormora tra sé e sé Don Abbondio nel capitolo ventitré dei Promessi Sposi, ma in realtà il romanzo è costellato di ‘birboni’ e per incontrare questa parola basta aprirlo un po’ a caso. Birboni di qua, birboni di là, ma a ben vedere, tra tutte le disavventure che si abbattono su di loro, Agnese, Lucia e Lorenzo-o-come-dicevan-tutti-Renzo ne han ben donde di chiamarli così e di inveire contro di loro.

Già, perché se ad un orecchio contemporaneo la parola ‘birboni’ fa sorridere e dipinge nella mente immagini di monelli, birichini e simpatiche canaglie, all’origine essa non aveva alcun tratto di indulgenza benigna, bensì significava proprio farabutto, accattone, delinquente. Come sempre bisogna indagare l’etimologia per saperne di più: in questo caso gli studiosi convengono su di un’origine imitativa e onomatopeica, basata su una sequenza di consonanti b–r–b, che sembra aver dato origine anche al verbo ‘borbottare’.

Di fatto in francese essa ha generato la parola bribe ovvero tozzo di pane, elemosina, e in spagnolo briba cioè vita da mendicante. Forse il legame tra l’onomatopea e questi concetti sta nel mormorio timido e incerto che accompagna spesso la mano tesa a chiedere una moneta o qualcosa da mangiare. Purtroppo, nella storia umana la povertà ha sempre significato anche emarginazione, e nell’emarginazione sociale germinano anche i semi della delinquenza. Il salto semantico da chi chiede semplicemente un pezzo di pane per mangiare a chi invece lo ruba è fin troppo scontato, ahinoi.

Arriviamo così alla birba intesa come vita di espedienti, al birbone, presente nel linguaggio sin dal 1508, al birbante, avvistato sin dal 1686, e alla birboneria, segnalata nel 1729. Il cambio di registro, da severo e tranchant a scherzoso e indulgente è roba piuttosto recente e forse qualche influenza ce l’ha un certo burattino.

Pinocchio, che fin allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ebbe una specie di fremito convulso, che fece scuotere tutto il letto.
- Quel burattino lì - seguitò a dire il Grillo parlante - è una birba matricolata…
Pinocchio aprì gli occhi e li richiuse subito.
- È un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo…
Pinocchio si nascose la faccia sotto i lenzuoli.

Non siamo ancora pienamente nel significato odierno del termine birba, che è praticamente innocuo, perché Pinocchio ne combina davvero di tutti i colori, anche di molto gravi, ma ci avviciniamo. Oggi possiamo definire una vera birbacciona la bimba che nasconde le pantofole del nonno mentre questi è nell’orto con gli stivaloni da lavoro, chiamare Birba il cane che abbiamo adottato al canile e che deve ancora adattarsi alla vita in appartamento, un birbante lo scolaro che si diverte ad attaccare tra loro con la spillatrice le pagine dei quaderni dei compagni.

E poi c’è Birba, il gatto di Gargamella. Loro due vogliono mangiare i Puffi, piccolo popolo blu e pacifico. Quella è una vera cattiveria, da veri birboni alla Don Rodrigo.

Parola pubblicata il 08 Giugno 2024