Bonzo

Parole cinesi

bón-zo

Significato Monaco buddista; scherzosamente, persona che si dà grande importanza o che si comporta con eccessiva solennità

Etimologia attraverso il portoghese bonzo, di etimo incerto; forse dal giapponese 凡僧 bonzō / bonsō (“monaco ordinario”), 法師bōshi o hōshi (“maestro della legge, maestro del dharma”) o 坊主 bōzu (“padrone della cella”).

“Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming”, cantava Franco Battiato nel suo successo Centro di gravità permanente (1981). Non si può non cogliere il riferimento all’opera dei missionari gesuiti, primo fra tutti il maceratese Matteo Ricci (1552 – 1610), che smisero gli abiti occidentali a favore del saio portato dai monaci buddisti locali in modo da inserirsi più agevolmente nella società cinese, del tutto estranea al contatto con gli europei. Infatti, la prima introduzione di ‘bonzo’ in Europa è proprio per opera del gesuita spagnolo Francesco Saverio (1506 – 1552), il quale prima operò in Giappone (il termine compare in una sua missiva del 1549) e poi tentò inutilmente di mettere piede in Cina, soccombendo alla malattia in un’isoletta a pochi chilometri dal continente.

L’etimo è incerto; se prendiamo per buona l’origine dal giapponese bonzō, possiamo ulteriormente risalire al suo predecessore cinese 凡僧 fánsēng, indicante un monaco buddista che non ha ancora raggiunto l’illuminazione. Si tratta di una persona che, secondo i precetti di questa religione, ha deciso di perseguire la meditazione e vivere di sola elemosina, conducendo una vita itinerante, con il fine ultimo di raggiungere il Nirvana, cioè una condizione di pace suprema in cui ogni desiderio e piacere è stato annullato.

Forse questo etimo è più probabile rispetto a bōshi (utilizzato solo come termine di riverenza per maestri di una certa importanza, conoscitori del dharma, cioè la dottrina che conduce all’illuminazione), ma è sostenuta anche una derivazione da bōzu, parola giapponese riferita a un giovane di ricca famiglia che si convertiva al monachesimo, rasandosi i capelli a zero.

In italiano, ‘bonzo’ non appartiene al lessico tecnico della religione, infatti viene usato, seppur non di frequente, per indicare in modo colloquiale i monaci dell’estremo oriente (Cina, Giappone, Corea, Vietnam ecc.). Possiede indubbiamente un forte sapore esotico dato dall’effetto vibrante della sillaba ‘bon’, che non solo ci ricorda il suono del gong, ma anche le cantilene dei religiosi che ripetono i loro mantra ad infinitum.

La sua estensione di significato, che evoca una persona autorevole o che si comporta con solennità ridicola, non comunissima nell’italiano moderno, ci fa indubbiamente venire in mente un altro termine religioso di origine indiana il cui uso si è esteso al mondo secolare, guru.

Parola pubblicata il 04 Settembre 2020

Parole cinesi - con Francesco Nati

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