Cadetto

ca-dét-to

Significato Nelle antiche famiglie feudali, figlio maschio non primogenito; che appartiene a un ramo collaterale del casato; di seconda categoria; allievo di un’accademia militare; che gioca in campionati sportivi di seconda importanza

Etimologia attraverso il francese cadet, dal guascone capdet ‘capo, giovane nobile’.

Certe parole — che senz’altro sono evocative, incisive, utili, appropriate in molti bei casi — nascono e si sviluppano in un intreccio di storia e d’immaginazione stretto e formidabile.

Sentire o leggere la parola ‘cadetto’ magari ci porta alla mente l’allievo ufficiale dell’accademia militare — ma forse sappiamo che in origine è un nome che si riferisce a secondogeniti e ultrogeniti maschi della vecchia nobiltà, i quali bontà loro, in base alle alte regole di un passato feudale che fu, erano esclusi dalla successione (se non per qualche paraggio e appannaggio): quella era riservata al figlio maschio primogenito, a presidio dell’unità del lascito paterno.
Ora, questa parola è una delle pochissime del nostro vocabolario che deriva dal guascone, un dialetto della lingua occitana vicino al catalano, e parlato nella porzione sud-occidentale della Francia, fra Bordeaux e i Pirenei (la Guascogna, appunto). A qualche orecchio questa origine farà suonare un’espressione tanto celebre quanto scontornata, quale ‘cadetti di Guascogna’: ebbene sono proprio i cadetti di Guascogna a dare il nome ai cadetti in generale. Seguiamo la traccia.

Il guascone capdet passa in francese come cadet e giunge a noi; il suo significato era quello di ‘capitano’, di ‘capo militare’, ma ancor prima di ‘giovane di famiglia nobile’. Infatti ci si può riconoscere dentro un diminutivo, ricollegabile a un capitellum latino, che viene da caput, ‘capo’. In ultima analisi, il cadetto è un capetto, vertice secondo di una casata.

La vita militare era uno degli sbocchi professionali classici dei giovani nobili non chiamati a reggere istituzionalmente il feudo; in particolare in Guascogna, si racconta, maturò l’usanza sistematica di mandare i nobili non primogeniti a fare gli ufficiali nell’esercito del Re. Fu un’usanza così marcata, ed ebbe un tale impatto sulla cultura francese (da sempre molto centralizzata), che il nome guascone di questi capetti nel Quattrocento diventò il nome generale di quello status — esteso ai loro omologhi francesi prima ed europei poi.

È così che il cadetto sviluppa i suoi significati, in particolare su due filoni.
Da un lato, in maniera concreta, delinea il profilo di chi, giovane e di certe ambizioni, è avviato a una carriera militare — quindi si può parlare dei cadetti dell’Accademia militare di Modena, di quelli dell’Accademia della Flotta Stellare, o delle gesta belliche dei cadetti di Podolsk che fronteggiarono la Wehrmacht davanti a Mosca.
Dall’altro, e con grande respiro, l’importante e mesto profilo di un secondo.

Il cadetto, nel casato, non ha una posizione di dominio, ma collaterale; non che sia uno scalzacane, certo: è solo terribilmente appena fuori linea, secondo. Si può parlare classicamente dei rami cadetti di una famiglia regnante, ma è un aggettivo che si usa anche per descrivere, ad esempio, i campionati sportivi secondi: nel calcio, la serie cadetta è la serie B. Il cadetto è di seconda categoria.
E la professoressa di scienze ci parlerà dei rami cadetti di una linea evolutiva di successo, lo zio ci parlerà dei meravigliosi vini cadetti di una certa regione, e catturati dall’artista, ci appassioneremo anche delle sue opere cadette.

Un termine di rango e versatile, insieme pronto e ricercato, che affina e dà dimensioni ulteriori al concetto piatto del secondario.

Parola pubblicata il 27 Ottobre 2021