Canfora

Parole semitiche

càn - fo - ra

Significato Sostanza odorosa estratta in natura dall’albero Cinnamomum camphora e da altri vegetali, e ottenibile per sintesi, dai molti usi, e in particolare usata come repellente per le tarme

Etimologia attraverso il latino medievale camphora, che viene dall’arabo kāfūr, ‘canfora’, forse da una lingua austronesiana o da una lingua indiana.

  • «Dall'armadio uscì un forte odore di canfora.»

La canfora sono quelle palline che ritroviamo nelle tasche dei vecchi cappotti dei nostri nonni e bisnonni rimasti in soffitta per tanti anni e che oggi, complice una certa ciclicità dei gusti vestimentari, sono tornati in voga. Andiamo allora a recuperare il bel paltò di lana della prozia, elegantissima signora degli anni ‘60, conservato perfettamente nella canfora. Ma, metaforicamente, possiamo anche dire che il giornalista in cerca di materiale da pubblicare ha tirato fuori dalla canfora un vecchio gossip che non interessa più nessuno. Anche nel suono, così pastoso e ampio, questa parola sa veicolare un nonsoché d’obsoleto, complice la consonante nasale seguita subito dal suono sordo della f, che fa piegare la bocca in una smorfia un po’ snob.

Questa sostanza dall’odore pungente, quasi piccante e rassicurante, ha del miracoloso: è un ottimo antitarme e un antimicrobico, è usato come plastificante e anche nella preparazione dei fuochi d’artificio, mentre i collezionisti entomologi la usano per proteggere le loro preziose collezioni di insetti… da altri insetti. È combustibile, quindi può essere adoperata per accendere lampade (soprattutto rituali) e, nella sua variante bianca, ha avuto un suo largo uso anche in cosmetica e medicina: è stata usata come sedativo della tosse, rimedio antimicotico, panacea contro le eruzioni cutanee e ingrediente per maschere e pozioni di bellezza. Chiunque si sia spalmato il Vicks sul petto almeno una volta nella vita ha avuto a che fare coi poteri balsamici della canfora! Anche la cucina, specie quella asiatica, è un campo in cui è riuscita a ritagliarsi un discreto spazio.

Come ci hanno insegnato i medici greci e arabi, con le droghe e le spezie accade che, se prese in dosi ragionevoli e moderate sono un toccasana, se assunte in maniera scriteriata diventano tossiche, velenose e mortali. La canfora non fa eccezione.

Allo stato naturale viene estratta da un albero sempreverde, il Cinnamomum camphora, e da altri vegetali, ma ormai da più di un secolo esiste la canfora di sintesi, prodotta industrialmente. Gli arabi ne sono stati conoscitori ed estimatori sin dai tempi precedenti la rivelazione del Corano (si parla di canfora anche nella sura 76 intitolata ‘L’essere umano’), ed è appunto dall’arabo che deriva la parola canfora: essa è passata attraverso il latino medievale, ma è giunta su queste sponde del Mediterraneo grazie al termine arabo kāfūr.

Da qui in poi i linguisti non si arrischiano ad affermare nulla con certezza: la parola potrebbe avere radici ancor più lontane, forse nella lingua austronesiana malay, o forse nell’idioma pali, della famiglia indoeuropea. La cautela è d’obbligo. Certo, non sarà una parola di uso quotidiano, ma che gusto andarsene in giro con quel bel paltò della prozia avvolti da una nube di canfora e pensare al viaggio che ha fatto questa parola: da un legno orientale, passando per deserti e mari, fino al baule della nostra soffitta!

Parola pubblicata il 24 Febbraio 2023

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.