Coloratura

Le parole della musica

co-lo-ra-tù-ra

Significato Colorazione; in musica, esecuzione vocale di passaggi melodici riccamente fioriti e virtuosistici, tipici del belcanto

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo coloratura, da coloràre ‘colorare’.

  • «Abbiamo ascoltato una fantastica soprano di coloratura: ha eseguito alla perfezione le più rocambolesche arie di Rossini.»

Sappiamo bene cosa significa colorare, ma non è immediato comprendere come e quando la parola coloratura sia stata accolta nel lessico musicale italiano.

Verso la fine del Duecento un anonimo inglese, glossando il Micrologus di Guido d’Arezzo, scrisse a proposito del genere cromatico della musica (gli altri due genera importati dall’antica musica greca erano il diatonico e l’enarmonico): «cromatico significa colorato o colorabile, poiché come una cosa ben colorata è bella alla vista, così questo genere è bello all’udito».

Teorici e amanuensi impiegavano però termini simili per concetti diversi. Per esempio, nella notazione mensurale, le figure annerite, i colores, di solito perdevano un terzo del loro valore, ossia: duravano di meno. Inoltre, anticamente si poteva diesizzare una nota colorandola, di solito in rosso. Anche applicare un diesis era un modo per abbellire una melodia, come avveniva causa pulchritudinis nelle cadenze rinascimentali.

Comunque, la trattatistica tedesca del Cinquecento definì le coloraturae come abbellimenti che rendevano ornata una compositio. Nel repertorio organistico il melodizzare fiorito di una composizione si diceva appunto colloratum.

Nel 1618 il grande teorico e musicista tedesco Michael Praetorius citò per la prima volta in una lingua moderna le coloraturen, chiamate dagli italiani diminuzioni o passaggi, che poi divennero Koloraturen, e significavano genericamente ornamenti.

Certo, gli abbellimenti melodici, vocali o strumentali, si praticavano ben prima, sin dai melismi della musica orientale o del canto gregoriano.

Usati saggiamente, passaggi e virtuosismi vocali potevano contribuire all’efficacia drammatica di una rappresentazione operistica. Tuttavia, il bel canto costituì uno dei campi di battaglia dove le ugole di uomini, donne e castrati si sfidavano vocalmente. Il pubblico scommetteva, s’inferociva se le aspettative andavano deluse, portava in trionfo il vincitore. Riguardo alle capacità canore di questi virtuosi, se ne può avere un’idea qui.

I compositori accondiscendevano, talvolta malvolentieri, al vezzo dei cantanti di ‘infiorettare’ continuamente le loro melodie; perciò, col tempo, piuttosto che vederle stravolte da ipertrofiche fioriture vocali, preferirono giocare d’anticipo e scrivere integralmente loro stessi le colorature.

Inizialmente, le arie erano confezionate su misura per l’interprete che le avrebbe eseguite. Nel 1781 Mozart comunicò al padre, a proposito della protagonista femminile del suo Die Entführung aus dem Serail: «ho sacrificato un po’ l’aria di Konstanze all’agile gola di Mademoiselle Cavalieri... per compiacere i viennesi». Mozart l’aveva composta proprio su misura per lei. Nel 1791, lo stesso Mozart affidò invece il personaggio della Regina della Notte alla cognata, Josepha Weber-Hofer, perfetta con i suoi svettanti acuti nei vertiginosi passaggi di Der hölle Rache.

Il pubblico dell’epoca impazziva per trilli, arpeggi e colorature che moltiplicavano le note all’impazzata. Perciò, sebbene il luogo ideale per produrre questi gorgheggi fosse la cadenza (nell’accezione di momento sospeso che precede l’armonia conclusiva di una composizione), i cantanti inserivano a loro arbitrio colorature dappertutto, incuranti della coerenza con l’azione drammatica.

Rossini, tradizionalmente fu il primo a scrivere le fioriture delle proprie arie, sottraendole al capriccio estemporaneo dei cantanti. Compose alcune opere appositamente per la prima moglie, l’abilissima Isabella Colbran. Senonché, proprio nell’Ottocento venne via via dismessa l’abitudine di comporre musica ad hoc per questo o quell’interprete. Altri operisti scrissero colorature vocali; questa consuetudine terminò però con Giuseppe Verdi, fatta salva qualche rara eccezione. Già Wagner, suo contemporaneo, non compose mai arie di bravura, giudicandole inappropriate all’espressione del suo Musikdrama. Tuttavia, il termine coloratura con l’attuale significato musicale fu reintrodotto nella lingua italiana mutuandolo proprio da quella tedesca.

Dunque, alla fine bellezza e colore sono rimasti intimamente collegati. Ma, come insegna l’estetica, definire cosa sia il bello è tutt’altra cosa.

Parola pubblicata il 09 Luglio 2023

Le parole della musica - con Antonella Nigro

La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale