Glossa

glòs-sa

Significato Annotazione interpretativa a margine o interlineare; commento

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo glossa, prestito dal greco glôssa ‘parola rara’, ma propriamente ‘lingua’.

Paroletta discreta, che però si distingue per finezza; una finezza che non sta solo in una squisita precisione semantica, ma anche nel suo pedigree — infatti ha una lunga storia, ed è protagonista di una pagina fondamentale della nostra cultura.

La glossa è l’annotazione apposta a un testo — classicamente, interlineare o marginale. E, rispetto alla generica annotazione, ha specialmente un carattere interpretativo, frutto di uno studio critico del testo che correda. Né è un’aggiunta che precisa e integra come la postilla: è piuttosto una chiave esegetica, un commento che spiega, circostanzia.
Il suo nome arriva da un passato decisamente lontano.

Il greco glôssa, anche se propriamente significa ‘lingua’ (un significato che troviamo nei suoi composti moderni, come ‘glottologia’) acquisisce il significato di ‘parola rara’, anzi ‘parola che richiede una spiegazione’. La cultura greca era molto attenta a questo nodo delle ‘parole da spiegare’ — che fossero arcaiche o dialettali o comunque inusitate. Erano considerate chiavi importanti, da studiare e conoscere per tenere insieme l’ordito di una lingua potente.

Per fare un esempione, non si pensi che testi cardinali per quella cultura, come quelli omerici, fossero scritti in un greco eternamente trasparente per l’intera grecità. I testi omerici furono messi per iscritto nella seconda metà del VI secolo a.C., e abbiamo fonti di pochi decenni posteriori in cui quei testi sono annotati con glosse. Per dare la dimensione dell’importanza del fenomeno, glossiamo che questo genere di testo era ed è chiamato scolio (schólion), un nome che scaturisce direttamente da scholé. Le glosse sono un fulcro dello studio, della ricerca, della scuola.

Come si nota, il significato slitta ulteriormente: da ‘parola che richiede una spiegazione’ a ‘spiegazione di una parola’. Di qui comprendiamo meglio anche il glossario, raccolta di voci spiegate; ma ad ogni modo le glosse avranno una grandissima millenaria fortuna. In particolare, nell’Europa del Medioevo questo metodo di annotazione sarà la via maestra per la riscoperta e rifondazione del diritto romano come diritto comune europeo. La grande opera del Corpus Iuris Civilis dell’imperatore Giustiniano, compilato nel VI secolo d.C. e summa del diritto romano, verrà studiata e glossata (cioè letteralmente commentata a margine con interpretazioni delle norme) da generazioni di studiosi; in particolare una scuola si aggregherà, su queste ricerche, in una delle prime (se non proprio la prima) università del mondo, quella di Bologna.

Quello delle glosse al Corpus giustinianeo non è solo un caso interessante in sé, ma ci dice qualcosa in più sulla consistenza della glossa quale nota solo interpretativa: l’antica legge romana, con la sua aura di universalità eterna, non poteva essere sindacata, messa in discussione, sconfessata. Poteva solo essere interpretata.

È una parola ricercata, che si fa ricordare, ma discreta — e molto utile. Posso ritrovare un vecchio libro di poesie con le glosse a matita di mio nonno, la collega che ci passa un articolo da leggere sulla chat di gruppo aggiunge una glossa che spiega il riferimento di una battuta, mentre la pagina che ha più glosse che testo ci sfianca solo a vederla. E anche il verbo glossare è forte degli stessi caratteri, anche se spesso il tratto interpretativo si smussa e diventa un ‘commentare’ un po’ più generico. Esponenti in vista del partito si affaticano a glossare le esternazioni del capo, lo zio glossa ogni etichetta di vino che vede, e nell’intervista l’artista graffiante si limita a glossare le ottusità delle domande.

Parole da tener pronte e con cui impratichirsi con qualche sperimentazione.

Parola pubblicata il 18 Ottobre 2021