Flebile
flè-bi-le
Significato Fievole, esile; lamentoso, triste, supplichevole
Etimologia voce dotta recuperata dal latino flebilis ‘piangente, lacrimevole’, da flère ‘piangere’.
- «Riguardo al progetto non è rimasto che un flebile interesse.»
Parola pubblicata il 29 Ottobre 2025
Flebile e fievole sono tecnicamente allotropi: due parole che derivano dalla medesima (il latino flebilis), ma la prima per via dotta, recuperata come prestito dal latino, e la seconda per via ereditaria, rimasta a girare di bocca in bocca attraverso tutto il medioevo. Non sempre accade, ma in questo caso poi le due parole hanno finito per rimanere semanticamente vicine (pensiamo per contro a che differenza c’è fra ‘platea’ e ‘piazza’, entrambe dal latino tardo platea).
Il flebilis latino era il piangente, da flère, ‘piangere’. Dato che oggi sia il flebile sia il fievole ci parlano di una forma di debolezza, ecco che subito ci immaginiamo un singhiozzare sommesso, fioco, a diventare la figura eternata in queste parole. Ma non proprio.
Il flere era un piangere forte, con strilla, diciamo pure con belati. Nel flebile noi conserviamo non la figura di un pianto debole, ma l’associazione semplice fra pianto e debolezza. Puah, il pianto! Robuccia!
Ora, il fievole si è sistemato sul fioco: una voce, un suono fievole si sentono appena, sono deboli. Anche il flebile ci parla di qualcosa del genere, ma con un taglio diverso, e anzi in mutamento, con in più qualche afflato figurato ulteriore — che continua queste idee tradizionali sul pianto. È insomma più versatile.
Fino a non molto tempo fa era soprattutto prossimo al lacrimevole, al lamentoso, al malinconico (una vicinanza all’origine etimologica tipica delle voci dotte): un discorso flebile muoveva a compassione, un canto flebile suscitava tristezza, una perdita flebile era dolorosa e ispirava commiserazione. Oggi il flebile si sta imperniando più volentieri sull’esile: un suono flebile è più vicino al semplice fievole, piuttosto che al triste, proprio come sarebbe un suono esile; ma prende anche l’ampiezza metaforica dell’esile. Ad esempio posso parlare della flebile speranza che ancora porto in cuore, del sentimento sempre più flebile che ci lega, della flebile reazione suscitata dalla provocazione.
Il flebile è fragile, gracile, esile — sottile, in una debolezza plasmata con la materia del lamento. Il tono sommesso e il tratto malinconico restano: una voce flebile non è solo bassa, è anche mesta, magari supplichevole, magari dolente. Parimenti la speranza flebile, il flebile sentimento, la reazione flebile, non si distinguono solo per debolezza: sono smorzate, smorte, vagamente affrante. Tutti i significati si tengono insieme.