Irriducibile

ir-ri-du-cì-bi-le

Significato Che non si può diminuire; che non si può ridurre a unità o uniformità con altro; ineliminabile, originario; irremovibile, ostinato

Etimologia da riducibile, che è dal latino redùcere ‘ridurre’, col prefisso negativo in-.

  • «È un'irriducibile della scrittura con pennino e calamaio.»

Alcuni usi di questa parola sono più semplici, altri sono più difficili; tutti sono piuttosto ricercati.
Per comprenderli, iniziamo considerando il latino redùcere: corriamo a tradurlo come ‘ridurre’, ma dobbiamo pensarlo innanzitutto come un re-dùcere, ‘guidare indietro’, e quindi ‘ricondurre, riportare’.

Se parlo di una resistenza irriducibile, non intendo che la resistenza non può essere diminuita; intendo che non può essere ricondotta a una posizione meno intransigente, a una mediazione. Se parlo dello zio che è un irriducibile gourmand, intendo che non si riesce a farlo desistere dal mangiare e bere in abbondanza. Se parlo di come nel paesino ci siano gli ultimi irriducibili di un’arte tradizionale, parlo di qualcuno che con accanita determinazione non si muove ad altre possibilità, che non può essere portato indietro da quello che forse è un vicolo cieco (o forse no).
Questa qualità di chi non si fa ricondurre a più miti consigli e ad altre vie, di chi non si piega, è l’irriducibile più semplice. Non si fa guidare o accompagnare indietro, né da nessuna parte.

Ma l’irriducibile è anche ciò che non può essere ricondotto a unità o uniformità con altro. Qui arriviamo sul difficile perché ci troviamo a camminare sul riconoscimento di una radicale eterogeneità, della non-appartenenza a un medesimo ordine. Un pensiero più raffinato.
Possiamo pensarla come un’operazione algebrica — anzi forse ricorderemo che l’origine araba di ‘algebra’ parla precisamente, in metafora, di una riduzione ortopedica, di una frattura, di una lussazione, un molteplice che si ricompone in unità funzionale. Pensiamo ad esempio a una frazione irriducibile, in cui numeratore e denominatore sono primi fra loro.

Posso parlare di come io creda in una dualità irriducibile fra bene e male, di osservazioni metafisiche che considerano la creatività artistica o l’esperienza spirituale irriducibile alla mera realtà fisica; di come per la scienza i paradigmi della relatività e della meccanica quantistica siano ancora irriducibili, delle esperienze di lettura di uno stesso testo che sono però irriducibili; di un concetto che una tal lingua esprime con una parola e che è irriducibile con il nostro assetto ideale, di un mistero irriducibile, qualsiasi spiegazione si tenti. Peraltro sentiamo come questa impossibilità di ricondurre a un’unità, a un’origine, non solo sconfini nell’ineliminabile, ma sia… riducibile all’irriducibile che non si piega. E in effetti, anche nell’irriducibile che non diminuisce, come un prezzo irriducibile.

Ancora una volta, la complessità della parola è custodita dal prefisso, dal gioco dei prefissi. Quell’indietro, re-, che guida il guidare e ci dirige a un punto d’origine comune, quel non, in-, che lo nega, che esclude una ricomposizione, un ricongiungimento genealogico.

Parola pubblicata il 23 Ottobre 2025