Recitativo

Le parole della musica

re-ci-ta-tì-vo

Significato Nell’opera lirica, parte solistica vocale, in cui un testo è intonato seguendo il ritmo e l’inflessione del parlato, con l’intento di far comprendere il significato del testo

Etimologia sostantivo derivato dall’aggettivo omonimo, abbreviazione di ‘stile recitativo’. Nel volgare delle origini recitàre significava già ‘interpretare un testo in uno spettacolo’, ed era un prestito dal latino recitàre ‘declamare’, da citàre ‘chiamare per nome’ o anche ‘intonare’, col prefisso iterativo re-.

  • «Il recitativo sarà anche utile all'azione scenica, ma io preferisco l'aria.»

Chi non frequenta l’opera lirica, ma ha avuto la ventura di ascoltare per caso un recitativo, probabilmente si sarà annoiato. Chi invece ha familiarità con il melodramma, conosce la differenza fra recitativo e aria: il primo è una specie di declamazione cantata, piuttosto libera e solitamente sillabata (a ogni sillaba corrisponde una nota), in genere intonata a un’altezza media della voce. Niente acrobazie vocali, perché il recitativo serve a far comprendere la trama e perciò il testo deve risultare intelligibile. L’aria è invece destinata ai momenti lirici, in cui l’azione è sospesa; la musica raggiunge i massimi vertici del pathos melodico. I sentimenti più intimi trovano qui sfogo: amore, gelosia, speranze, timori, tormenti…. nulla rimane intentato per coinvolgere, o sconvolgere, l’animo degli spettatori.

L’opera, teatro in musica per eccellenza, nasce però a corte. Scriveva Baldassare Castiglione nel Cortegiano: «parmi gratissimo il cantare alla viola per recitare». E forse Vincenzo Galilei, padre del famoso Galileo, s’ispirò a queste stesse parole quando, nell’aristocratica residenza del conte Bardi, cantò il Lamento del conte Ugolino di Dante «sopra un corpo di viole esattamente sonate». Perciò, anche se il recitativo non era ancora nato, il ‘recitar cantando’ prese l’avvio da questi antecedenti. Un testo cantato monodicamente era decisamente più comprensibile di quello che si ascoltava in un concento di voci intrecciate nelle splendide, ma complesse, polifonie.

Su questi presupposti, nel Seicento presero forma le prime opere. Inizialmente i momenti di passione erano spesso espressi da lunghi soliloqui in stile recitativo. Ma l’aria, allora ancora in divenire, piaceva di più; perciò Domenico Mazzocchi volle precisare ne La Catena d’Adone di avere aggiunto «molte mezz’arie… che rompono il tedio del recitativo».

Nel Settecento il recitativo divenne la forma principale per far comprendere gli sviluppi della vicenda, mentre l’aria divenne ‘lirica’. Del resto, in una romanza (termine più tardo per definire l’aria), come si potrebbe musicare con sublime ispirazione una frase tutt’altro che poetica, come «la cena è pronta»? Serviva uno stile di canto fresco, più colloquiale.

Il recitativo rimase comunque una caratteristica e un ‘marchio’ italiano di successo. Certo, non hanno recitativi né il popolare Singspiel, con i suoi dialoghi parlati (pensiamo al Flauto magico mozartiano), né l’operetta viennese del secondo Ottocento, che eclissò il Singspiel, e nemmeno il moderno musical. Eppure, nelle altre sue opere Mozart aveva mantenuto il recitativo, e Bach scrisse perfetti recitativi all’italiana per il personaggio dello Storico nelle sue Passioni.

I recitativi avevano inoltre il vantaggio di poter essere realizzati in economia, con uno strumento solo come il clavicembalo, la tiorba o l’organo. Si sviluppò poi la differenza tra recitativo ‘secco’ e ‘accompagnato’, dove secco probabilmente si riferiva a uno stile di accompagnamento ‘asciutto’.

Nell’Ottocento si diffuse il primo grand-opéra francese, inaugurando la moda del recitativo accompagnato dagli archi, mentre all’opéra-comique i momenti d’azione erano parlati. Il recitativo del grand-opéra divenne ovunque lo standard per l’opera seria, mentre l’accompagnamento alla tastiera rimase soltanto per l’opera buffa e per quella semiseria.

Il recitativo divenne a tal punto uno stile che, fuor di canto, Beethoven lo assegnò ai violoncelli nell’ultimo movimento della Nona sinfonia.

Tornando all’opera, fino alla fine dell’Ottocento tutti i passi declamati ‘cantando’ continuarono a essere definiti recitativo, anche se duravano solo poche battute. Da Puccini in poi, invece, il termine scomparve dalle partiture, sostituito dall’indicazione ‘a piacere’ per le voci e ‘col canto’ per l’orchestra.

Una parola fondamentale per approcciare il mondo della lirica in modo consapevole.

Parola pubblicata il 08 Dicembre 2024

Le parole della musica - con Antonella Nigro

La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale