Requisitoria
re-qui-si-tò-ria
Significato Nel processo, l’atto con cui il pubblico ministero alla fine del dibattimento formula le proprie richieste all’organo giudicante; discorso di denuncia o riprovazione
Etimologia da (arringa) requisitoria, dal latino requisitus, participio passato di requìrere ‘richiedere’.
Parola pubblicata il 02 Dicembre 2021
La requisitoria serve forse a requisire? Abbisogna magari di requisiti? Siamo davanti a una famiglia di parole che hanno fatto carriera in ambito forense, burocratico e cancelleresco, e che però ai tempi del latino erano gente comune.
Non serve un sapere alato per annusare che ‘requisitoria’ in origine era un aggettivo; capita che nel tempo, in alcune espressioni fisse, i nomi finiscano per sottintendersi, e l’aggettivo che li qualifica diventi sostantivo. Nel nostro caso, ‘requisitoria’ si è fatta strada in italiano in locuzioni come ‘domanda, lettera requisitoria’: il suo significato sarebbe letteralmente ‘di richiesta’. Infatti è un derivato del verbo latino requìrere, ‘richiedere’, derivato di quaèrere ‘chiedere’. Un significato, come si vede, amplissimo rispetto a quello su cui si è specializzata la requisitoria.
Infatti la requisitoria non è una richiesta qualunque, ma è specificamente la formulazione che nel processo, alla fine del dibattimento si rivolge da pubblico ministero all’organo giudicante presentando le proprie richieste. (Anche qui notiamo che ‘requisitoria’ sottintendeva ‘arringa’ o simili). È un atto, un momento estremamente significativo, di quelli che riescono ad essere colti facilmente anche da orecchie profane, e di una suggestione carica di aspettativa e timore: è un passaggio molto amato dalla narrazione giornalistica dei processi.
Quindi da un significato ampio si passa a un significato preciso; però, come accade spesso ai significati precisi che maturano tratti suggestivi, questo si riestende: la requisitoria forense ha dei caratteri esatti e stringenti di accusa, di richiesta sostenuta da argomentazioni circostanziate — e uno sdegno funzionale. Questa parola finisce così per attagliarsi in genere al discorso di denuncia che abbia questo profilo, così come a quello di severa riprovazione: possiamo parlare della requisitoria con cui il fratello fa pubblicamente nomi e cognomi di chi ha finito le ultime fette di torta, della requisitoria in cui si lancia lo zio quando la zia avanza l’ipotesi di non stapparne un’altra, della requisitoria pronunciata in consiglio comunale che smaschera un doppio gioco e che fa saltare l’alleanza.
Una parola di grande forza, coi contorni netti, che circola vivace nel discorso pubblico e si presta bene a tante espressioni indignate.
Chiudiamo notando la nuova luce che emana il requisito (un semplice ‘richiesto’ che ha messo il vestito buono) e soprattutto il requisire: è un prendere compiuto d’autorità, ma si presenta con la gentilezza pelosa di una richiesta — e pare sia un uso mutuato dal francese, invalso con le requisizioni della Rivoluzione.