Scranna
scràn-na
Significato Sedile con braccioli e schienale alti; autorità, grado, dignità
Etimologia dalla voce longobarda ricostruita come skranna ‘panca’.
- «In mezzo alla sala troneggia una meravigliosa scranna di legno intagliato.»
Parola pubblicata il 20 Luglio 2023
Scranna, scranno, scanno. Sono parole che sembra proprio convergano su uno stesso significato. Ma è più corretto ‘scranna’ o ‘scranno’? Ed è lo ‘scanno’ ad aver perso la ‘r’ o lo ‘scranno’ ad averla sviluppata? Facciamo un po’ di luce su questi alti seggi.
Siamo davanti a sedute particolarmente solenni — con braccioli e schienali particolarmente alti, e magari ricche decorazioni. Come s’immagina, non ci riposa sopra le terga chi intreccia canestri nell’aia, ma sono sedute d’autorità, specie civili ed ecclesiastiche. Il passaggio ulteriore, diretto e semplice, è che il nome della seduta diventa il nome dell’alta dignità, del grado elevato e di potere. Ma andiamo con ordine.
‘Scranna’ è un termine di origine longobarda. Il che non ci dovrebbe stupire — sono sedute di legno, e al longobardo dobbiamo i nomi di suppellettili di legno delle più centrali e variegate, dal palco alla bara, dal banco alla zeppa. In effetti in origine era una semplice panca (anche ‘panca’ è longobardo), che però nel medioevo si eleva a indicare un seggio importante. Ma nel giro di un secolo, il Trecento, inizia ad attestarsi la variante ‘scranno’. Perché?
Nel presente che viviamo ogni alterazione ci può sembrare erronea, ma se acquisiamo il punto di vista calmo della storia capiamo che l’infrazione della consuetudine o è un’infrazione o è l’inizio di una nuova consuetudine, e perciò di una nuova norma. Nel lessico era già presente il termine ‘scanno’, e così la ‘scranna’ è stata alterata per attrazione di quest’altra parola, così simile nel significato. Ma ‘scanno’ non è parente — non ha perso né guadagnato ‘r’, ha proprio una storia diversa.
Ha un’ascendenza latina: lo scamnum, che ha il senso di ‘sgabello’. Quindi perfino l’antecedente latino, con tutto il potere e la maestà dell’antica Roma, ha la dignità del panchetto?
Sì. I troni come li intendiamo oggi, nell’antichità, erano una roba un po’ orientale. Al massimo a Roma c’erano le selle curuli, quelle da cui deriva la seduta a X del faldistorio — sedute pieghevoli, magari ornate, ma senza quel pesantissimo sussiego che associamo necessariamente al trono. È con il profilo medievale della maestà che il trono prende caratteri più vicini a quelli con cui lo concepiamo. Lo scanno si fa gran seggio — magari anche in ordini, pensiamo ala fila di cupi scanni nel coro della chiesa.
Posso parlare della scranna su cui siede il nonno per fare la sua pennichella, di come la politica salga a uno scranno particolarmente prestigioso, dell’amico che siede sempre a scranna giudicando questo e quello, dalle voci che si levano dagli scanni dell’opposizione.
Sono parole davvero molto prossime. La scranna, forse, ha un tratto più rétro; lo scranno (che curiosamente era dato per morto nell’Ottocento e che oggi è senz’altro quella di maggior diffusione, anzi è al suo massimo storico), con quella ‘r’ riesce a comunicare la forza ruvida dell’autorità — dando quasi l’impressione del riverbero duro dei rumori in un’aula marmorea. Infine, così come la scranna si è avvicinata allo scanno, è inevitabile che, negli scranni della nostra mente, lo scanno-seduta si sieda vicino alla truculenta voce del verbo scannare, il che magari ce lo rende meno amabile, può adombrare un tratto più tetro. Ma sono davvero sottigliezze, intorno a oggetti riconoscibili e che parlano proprio chiaro.