Sopore

so-pó-re

Significato Stato di rilassamento fisico e psichico simile al sonno ma con solo una parziale sospensione della coscienza; quiete; torpore

Etimologia voce dotta recuperata dal latino sopor.

  • «Il sopore di questa cittadina mi pare delizioso e insopportabile.»

La lingua spicciola vive di attributi netti, si tiene lontana dalla sfumatura e dal crepuscolo. Così la sospensione del sopore si arrocca in uno strato elevato della lingua, scientifico e letterario. Ma il suo è uno stato estremamente interessante da individuare, e vicino alla nostra esperienza.

Il sopor latino ha la stessa origine del sopire e del somnus, una radice indoeuropea ricostruita come swep-, col significato di ‘dormire’ (da cui anche il famoso greco hýpnos). E però, pur rimanendo nell’alveo semantico di questa prima immagine, se ne distingue.

Ora, anche se a volte usiamo la figura del sonno per indicare il torpore, l’inerzia (chi dorme non piglia pesci – seh, se la dorme), non c’è chi non abbia sempre saputo e fatto esperienza di come il sonno sia un al di là netto e in giusta misura senz’altro positivo, pacificatore, innocente, che rammaglia il groviglio degli affanni. Il sopore non si colloca in questo al di là vitale.

È uno stato di rilassamento che assomiglia al sonno, ma in cui la sospensione della coscienza è solo parziale. Si può dire che è uno stato intermedio fra il sonno e la veglia, in cui spesso ci capita di trovarci, ma prende anche il profilo di quel torpore che è causato da una malattia.

In effetti possiamo notare che nella lingua ha uno spazio differente dal dormiveglia, che è intrinsecamente raccontato come uno stato di mezzo, anche passeggero: il sopore si fa notare come non-sonno (precede, non raggiunge il sonno), e ad esempio possiamo parlare del sopore delle serate a lavoro in cui non succede niente, del sopore del giorno arroventato alla controra, del sopore invernale della città di mare — come anche del sopore febbricitante in cui passiamo la mattinata, del sopore in cui si abbandona lo zio, soddisfatto dell’ultimo bicchiere. Una dimensione fermata meravigliosamente dal soporifero, che intreccia questo stato al noioso nella qualità di ciò che fa venire sonno.

Sordo, scuro, il sopore si fa quiete e inerzia, tranquillità e apatia — ora è sospensione rilassata ora è pigro appannamento. Ma nella sfera figurata ci presenta soprattutto uno stato obnubilato da cui non è facile riscuotersi — come quando parliamo del sopore di una massa che non riesce a farsi valere, del sopore di una coscienza che non esercita discernimento.

Parola pubblicata il 05 Giugno 2023