Tagliare

ta-glià-re (io tà-glio)

Significato Separare, fendere, incidere, dividere, ridurre, abbreviare, incrociare

Etimologia dal latino tardo taliare, da tàlea ‘rametto, paletto, punta’.

  • «Per sbaglio ho tagliato il filo del caricabatterie.»

Quello dell’etimologia a volte è un mondo all’incontrario. La poesia delle folle ancestrali che hanno dato forma agli stadi precedenti della nostra lingua consiste spesso in inversioni di flusso di significato, rispetto a quello che percepiamo — sono il piccolo e il particolare che creano l’enorme e l’astratto, e noi non ce ne avvediamo. Da dove salta fuori il nostro ‘tagliare’?

Come è normale che capiti guardando parole molto comuni, quella sul tagliare è una sorta di indagine archeologica.
Vedendo che scaturisce dal latino tardo taliare, e che questo deriva da tàlea, ci può venire in mente quella che chiamiamo talèa, cioè di solito il rametto tagliato, ma anche foglia o radice, che è un clone capace di rigenerare una nuova pianta. Riproduciamo la meravigliosa rosa della zia rubandone una talea.
Il latino tàlea parla proprio di rametti, picchetti, talee, travicelli: è il piccolo pezzo di legno. Non ha un’etimologia ulteriore accettata, ma basta a dirci qualcosa di importante: è il taglio consueto e minuto del legno ad averci fatto gemmare in testa il concetto generale del tagliare. Si tagliano tante cose, ma è l’onnipresente legno ad essere la materia con cui abbiamo instaurato per prima un fitto e complesso dialogo di lavoro; ricorderete che lo stesso termine ‘materia’ indica in origine il legno, e ci meraviglia senza essere inatteso che riguardi il legno anche il taglio primigenio. Il verbo taliare emerge proprio come verbo dell’arboricoltura, attestato nel latino del V secolo d.C., in una raccolta di testi di agrimensura, i Gromatici veteres (gli antichi testi ‘gromatici’, cioè relativi all’agrimensura, da ‘groma’, nome di uno strumento di misurazione simile a un goniometro a traguardo).

Noi usiamo il tagliare in maniera non meno che proteiforme, ed è ovvio, visto quanto questo atto pervade la nostra vita: tagliamo il pane e i pomodori, tagliamo alberi e diamanti, tagliamo abiti, tagliamo vini, spezie e droghe, tagliamo i capelli ma anche direttamente le teste; è bene tagliare traguardi, meno bene tagliare la strada, tagliamo ponti, tagliamo la corda (dell’ormeggio quando abbiamo fretta, figuratamente), tagliamo corto.

È un’azione immediata, chiara, evidente come l’azione dello spezzare un legno, e però sfaccettata in modo complesso: separa, isola, fende, incide, divide, riduce, abbrevia, mescola, incrocia.
Il pensiero e la lingua fanno così, noi facciamo così: prendiamo un fatto, un’esperienza comune, una porzione di mondo, la apriamo, troviamo i semi e li facciamo germogliare secondo significati diversi. Sono belle le parole dotte e con grandi narrazioni dietro — ma lo sono anche quelle comuni, che ci presentano un’archeologia di significati, e che ci fanno vedere da quale nodi si dipanano i nostri pensieri.

Parola pubblicata il 22 Settembre 2022