Parole cinesi

Significato Pianta asiatica delle teacee (Camellia Sinensis), le foglie della pianta stessa e la bevanda ottenuta dal loro infuso; ricevimento pomeridiano in cui lo si beve

Etimologia dalla forma dialettale cinese te (parlata minnan), probabilmente per tramite dell’inglese e del francese (da cui la grafia alternativa ‘thé’).

Nel nostro ciclo di parole cinesi, è ora di introdurre una di quelle dalla storia più affascinante, che ci fa viaggiare nel tempo e nello spazio, insegnandoci che forme linguistiche diverse possono celare impensate origini comuni. Mai come stavolta riusciremo a crogiolarci nei luoghi comuni, dimostrando sia che “il mondo è bello perché è vario”, sia che “tutto il mondo è paese”.

Come lo prendete, il tè? Con zucchero e limone o senza niente, ghiacciato o bollente, nero o verde? Comunque sia, l’altra metà del mondo sorseggerà la stessa bevanda chiamandola chai o con un nome simile. In Europa continentale, il suo nome è quasi sempre con l’iniziale ‘t-’ (i polacchi sono orgogliosi dell’unicità del loro herbata, che però non significa altro che ‘tè alle erbe’); in russo, arabo, greco e in diverse lingue africane, invece, inizia per ‘ch-’ o con un suono equivalente. Se vogliamo capire il perché di questa differenza d’uso, è necessaria un’ennesima traversata verso oriente, dove si scopre che è proprio la Cina a possedere diversi modi di chiamare la “bevanda ambrata”: le due principali forme presenti da loro sono, appunto, cha (termine del putonghua, cioè della lingua standard) e te, pronunciato come da noi, a parte l’intonazione, diffuso nella provincia meridionale del Fujian e nell’isola di Taiwan.

Da qualche anno, viene frequentemente condiviso in rete un articolo basato su uno studio del professor Daniel Jurafsky dell’Università di Stanford (studioso che avevamo già citato raccontando la storia della parola ketchup). In questo articolo avanza la teoria della differenziazione a seconda del viaggio via mare e via terra: in altre parole, le due versioni chai e te si sarebbero diffuse nei vari paesi del mondo in concomitanza con la via di esportazione della bevanda stessa, da una parte — la famiglia del — tramite il commercio marittimo delle navi olandesi e inglesi (dunque verso l’Indocina, prima, e poi in India, in alcuni paesi dell’Africa occidentale e infine nel vecchio continente), dall’altra — la famiglia del chai —a bordo delle carovane che, invece, si avvicinavano alle nostre terre lungo la via della seta. In questo modo, alla prima forma mai esistita di globalizzazione si accompagna anche l’introduzione di una nuova parola in tutte le lingue del mondo, solo in due versioni leggermente diverse.

Perché diciamo “leggermente”? Perché lo studio di Jurafksy non si ferma qui. Egli, infatti, a sua volta cita il volume The True History of Tea di Victor H. Mair ed Erling Hoh, nel quale si scava ancora più a fondo, postulando che nell’antica lingua Mon-Kmer, circa 2000 anni prima di Cristo, esistesse un ipotetico antenato comune chiamato la, successivamente (sempre in ipotesi) evolutosi in lra e poi dra, il quale infine ha generato le due forme base di cui abbiamo parlato poc’anzi.

Una curiosità? In Portogallo, nazione che notoriamente commerciava per via marittima e non aveva accesso alla via della seta, il tè si chiama chai. Per spiegare l’anomalia, basterà tener presente che il loro punto d’approdo in Asia era Macao, dove si parla il dialetto cantonese, che adotta la forma cha.

Parola pubblicata il 16 Ottobre 2020

Parole cinesi - con Francesco Nati

Le parole cinesi entrate in italiano non sono tante, ma sono importanti: in massima parte estremamente comuni, la loro storia è in grado di raccontarci uno dei contatti culturali più complessi e meno conosciuti che ci siano fra l'italiano e un'altra lingua. Le scopriremo un venerdì su due.