Tisana
ti-sà-na
Significato Infuso o decotto benefico di varie sostanze vegetali
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tìsana, variante di ptìsana, prestito dal greco ptisáne, derivato da ptíssein ‘tritare, pestare’.
Parola pubblicata il 28 Ottobre 2021
Sul cuore della Terra ogni persona sa che le tisane fanno bene alla salute, anzi che siano composte proprio per avere effetti benefici sul fisico: perciò va da sé che siano così chiamate perché la tisana ‘ti sana’. E invece no.
Questo è un esempio di etimologia popolare, che inizia ad echeggiare fra chi crede che la storia delle parole resti sempre visibile sulla loro superficie come olio nell’acqua. La realtà sull’origine del nome della tisana è diversa — e ci farà fare i conti con una nozione davvero mobile.
Il greco ptisáne (qui l’accentazione italiana segue quella greca, non la latina) è derivato dal verbo ptíssein, che significa ‘tritare, pestare’. Il nucleo originario di significato della tisana che ci porta questo verbo non sta tanto in un effetto sul corpo o in una tipologia di ingredienti, ma nel modo in cui tali ingredienti sono pestati e ridotti in poltiglia. Un’origine tutt’altro che accessibile a una prima occhiata, anche perché il verbo ptíssein non ha altri esiti nella nostra lingua, quindi è un volto ignoto.
Il punto interessante è che però la tisana, da millenni e fin quasi ai giorni nostri, ha avuto un ingrediente quasi invariabile che adesso ci perplime: l’orzo. La tisana era specificamente il decotto d’orzo — una sbobba versatilissima, da usare da sé come bevanda medicamentosa o come impiastro emolliente, o anche come eccipiente d’altri principi attivi, la cui invenzione si fa miticamente risalire allo stesso Ippocrate.
Ancora fino all’Ottocento chi vi stesse offrendo una tisana avrebbe potuto quindi servirvi un intruglio d’orzo medicamentoso — e forse anche la birra poteva rientrare nel genere, dato che poteva anche essere alcolico.
Ma gradualmente (di pari passo con l’evoluzione della medicina, ci sarà un nesso causale?) la tisana ha lasciato queste sue vesti più grevi e cataplasmatiche, ha abbandonato le sfere semantiche delle poltiglie di cereali e si è avviata con tratti sempre più netti sulla via del decotto e dell’infuso leggero di erbe, foglie, fiori, cortecce, frutti — pur conservando una vocazione farmaceutica.
La nostra nozione di tisana, che conosciamo intuitivamente, ha però dei confini curiosi. Ad esempio, tendenzialmente le tisane sono calmanti ed emollienti: caffè e tè non sono tisane, a dispetto della loro composizione teoricamente sussumibile nella definizione. Eppure una tisana bruciante di zenzero, o di eccitante guaranà può essere riconosciuta come tisana — senza lo straniamento che susciterebbe la collega se ci domandasse se anche noi vogliamo una tisana e poi ci portasse il caffè.
Per tentare una definizione più precisa e sottile, si potrebbe dire che c’è anche una nota eterea, nella tisana. Profumi volatili, sapori discreti, e un tratto assolutamente benefico.