Vedova
vé-do-va
Significato Donna a cui è morto il marito
Etimologia dal latino vìdua, dall’aggettivo viduus, ‘privo, sgombro’, da una radice indoeuropea ricostruita come widhewa, col significato di donna adulta socialmente svantaggiata perché priva di marito.
- «Ah ma quella è una vedova allegra.»
Parola pubblicata il 09 Febbraio 2025
È una parola etimologicamente femminile. Non che il maschile non esista, ovvio: il vedovo è l’uomo a cui è morta la moglie, e visti i livelli di mortalità legati all’ardua e dolorosa prova del parto, non c’è da stupirsi che la storia sia stata piena di vedovi. Ma la lingua riflette la società, la storia, le credenze e gli archetipi; quindi, vedova viaggia nel tempo principalmente come parola femminile, in italiano e nelle lingue romanze, in latino, con vidua, dall’aggettivo viduus, cioè privo, sgombro, fino ad arrivare ai lontani splendori del progenitore indoeuropeo, la radice ricostruita come widhewa.
In francese è veuve, in spagnolo viuda, in occitano veuza… questa parola esiste in forma simile anche in inglese, nel quale è giunta per vie germaniche sempre da un progenitore indoeuropeo. È curioso notare come perfino l’inglese, idioma in cui la distinzione grammaticale dei generi è più esile, possieda una netta differenza tra il femminile, widow, e il maschile, widower.
Questa cosa si spiega con i diversi effetti sociali che la morte del coniuge ha avuto sulle donne e sugli uomini sin dalla notte dei tempi, per quel che è possibile ricostruire, considerando che la maggior parte delle civiltà erano di tipo patriarcale. Per gli uomini poco male, il decesso della moglie a priori non costituiva un danno o una retrocessione: i beni rimanevano in loro possesso ed essi non necessitavano della protezione o del sussidio di altri più potenti. Il vedovo più famoso della storia è Enrico VIII che, quando il divorzio, l’annullamento o la morte per febbre puerperale non erano tra le carte da giocare, ricorreva alle care vecchie calunnie seguite da esecuzioni lampo per liberarsi del peso uxorio e ritornare in strategica vedovanza.
La cosa era ben diversa per le donne, che potevano ritrovarsi in situazioni di enorme fragilità, soprattutto se con prole a carico e con poco o alcun reddito (va tenuto presente che il lavoro delle donne è sempre stato mal remunerato, quale che fosse). In molte società non potevano rimanere in possesso dei beni del marito, talvolta dovevano tornare in seno alla famiglia di origine, talvolta rimanere come pesi presso i parenti del defunto, senza dimenticare che in alcune culture la vedova veniva uccisa ritualmente perché raggiungesse il compianto… insomma la vedovanza per le donne significava vita grama, in linea generale. Si assiste ad un miglioramento in epoca moderna, in occidente, soprattutto negli strati sociali più agiati: qualcuna riesce ad amministrare in autonomia le sostanze lasciatele dal marito, qualcuna raggiunge uno stato di libertà invidiabile e inedito, qualcuna spicca come mecenate e intellettuale di alto livello.
Ma le vedove, ricche o povere, erano pur sempre elementi di disturbo, donne sole, che stavano ai margini della società, donne che continuavano a vivere malgrado il marito non fosse più lì a proteggerle o a controllarle, donne indipendenti, donne libere… la vedova è ambigua, nel linguaggio, è sia la poveretta sola con tre figli affamati sia l’affascinante signora che decide con chi passare il tempo e come spendere i suoi danari, è l’avvelenatrice seriale e l’umile lavandaia che fa il bucato dei ricchi per andare avanti, è colei che piange il marito morto in guerra ma anche colei che rimpiazza il coniuge con un modello più avanzato e in migliori condizioni appena passato il periodo del lutto. Non è bastata nemmeno la figura della più illustre delle vedove, la regina Vittoria, a cancellare quest’ambiguità semantica.
E forse è per questo che il ragno velenosissimo che ammazza il maschio dopo l’accoppiamento si chiama vedova nera, che le malelingue soprannominano vedova allegra la donna che ha perso il marito ma che non mette in scena un melodramma di dolore al funerale o che i vicini osservano con occhio di falco i movimenti della vedova bianca della porta accanto, il cui marito è emigrato all’estero per lavoro e manda a casa un po’ di soldi.