Venusto

ve-nù-sto

Significato Bello, pieno di eleganza e leggiadria

Etimologia voce dotta recuperata dal latino venustus, da venus ‘bellezza, grazia, eleganza’, da Venus ‘Venere’.

  • «È un nudo estremamente venusto.»

Le parole letterarie hanno questo doppio potere: da un lato permettono di accedere a dei concetti di pregio, messi a punto in secoli d’uso, pieni di sfumature, con tagli complessi a tutto tondo di una realtà che colgono in maniera inusuale; dall’altro, con la loro altezza, offrono i loro concetti all’ironia e allo scherzo. Sembra che le parole di potere di questo genere abbiano sempre un profilo di satira connaturato, un dispositivo di disinnesco dal troppo aulico, dal troppo serio.

‘Venusto’ è un termine che sembra vecchio come il mondo, perché attinge a una figura primaria della tradizione classica, anzi arcaica: quella divina di Venere. Venus, il nome latino di Venere, dea dell’amore, prese anche i significati contigui di bellezza, di grazia, di eleganza — in riferimento tanto ai corpi quanto a portamenti stilistici più sottili. Il nome Venus, va detto, non salta fuori da una buca del terreno: anch’esso è un termine con una storia, e attinge a una radice indoeuropea (approssimabile con uenh-os) che indica il desiderio, e che a sorpresa, declinando questo desiderio in ricerca e caccia, ha come discendente anche il ‘venatorio’ — cioè ‘relativo alla caccia’.

Il venusto non è di una bellezza fredda, distante, perfetta e marmorea come l’apollineo (come si vede non si va lontano), ma ha un certo carisma seduttivo: è bello, pieno di grazia e leggiadria, e attraente. Inoltre non è mai una qualità superficiale, si radica in maniera profonda nell’essere di chi o ciò che si qualifica così.

Questo non toglie un bottone alla versatilità del termine: sono venuste le forme di un corpo, venusti dei visi («E quella così venusta chi era?»), ma possono essere venusti passi di un racconto, versi, così come può essere venusto un gioco («Davvero un passatempo venusto, l’ho adorato»), e ancora un monumento, un edificio («Così antico e ancora così venusto»), fino a persone semplicemente virtuose e degne («Tuo nonno era una persona venustissima»). Il venusto è bello e aggraziato e magnetico — una qualità dal tessuto ricco, che comunica tutta la complessità di un’intera aura.

E si capisce quanto sia appropriato, poi, parlare di come si sente venusto l’amico in slippini sulla spiaggia, quando scambia sguardi intendenti a destra e a manca, o parlare della venusta scultura astratta accozzata insieme dalla prozia usando materiali di recupero, o della venusta poesiola composta su dirigenti e vice. Una qualità così limpida e radicale allude volentieri al suo contrario, volentieri si presta alle gradevolezze della dissonanza.

Parola pubblicata il 30 Novembre 2022