Abate

Parole semitiche

a-bà-te

Significato Titolo conferito ad un superiore di un ordine monastico o di un’abbazia

Etimologia attraverso il latino ecclesiastico abbas, che è dall’aramaico abbā, una parola che è traducibile con ‘babbo’ o ‘papà’, in quanto più informale rispetto ad av, cioè ‘padre’.

“La badessa, essa, dice che sono ossessa, posseduta e indemoniata… Essa, la badessa, è fessa!” strepita Suor Filomena nel monologo tratto da ‘Le Beatrici’ di Stefano Benni.
Perché se abate è il titolo conferito ad un superiore di un’abbazia, l’equivalente femminile è l’abbadessa, o, più comunemente, badessa.

Abate è passato attraverso il latino ecclesiastico, ma la sua origine è nell’aramaico. Lo si incontra spesso nel Secondo Testamento, usato da Gesù in persona, mentre è praticamente assente nel Primo Testamento. I primi abati comparvero in oriente, in Siria e in Egitto per la precisione, intorno al 300: erano monaci o asceti di età venerabile a cui ci si rivolgeva usando la parola abbā in modo deferente e per dimostrare loro rispetto. San Pacomio fondò in Egitto la prima abbadia, un insediamento di monaci cenobiti che vivevano insieme secondo regole precise che organizzavano la vita della comunità.

Ben presto il monachesimo comparve anche in Europa e grazie a San Benedetto da Norcia questo sistema di vita religiosa fu disciplinato e istituzionalizzato: nella Regola viene infatti sancito che il titolo di abbas è prerogativa del superiore di un monastero, colui che sta a capo di tutto. Le abbazie col tempo si ‘incastellarono’ e divennero grandi centri di potere e di cultura, attorno cui la vita agricola ed economica di vasti territori si sviluppava fiorente. I complessi abaziali diventarono pedine di importanza strategica nello scacchiere territoriale dell’Europa medievale. Nacque così l’ordine monastico Cluniacense che propendeva a mantenere i centri abaziali in autonomia rispetto ai potentati, ai regni e agli imperi. Fu poi soppiantato in prestigio e diffusione dai Cistercensi e dai Certosini, ma, con l’avvento degli ordini pauperistici, il periodo di massimo splendore abaziale finì, e le città ripresero ad essere il cuore pulsante delle attività umane.

I ruoli di abate e di badessa, però, conservarono il loro prestigio e autorità: nei secoli costituirono le matrici per personaggi letterari conosciutissimi e proverbiali. Compaiono nel Decamerone, coinvolti in avventure di varia natura, che siano erotiche (‘La badessa e le brache del prete’ e ‘Il monaco e l’abate’), o incentrate sulla ‘liberalità’ (‘Ghino di Tacco e l’abate di Clignì’).
Ne Il conte di Montecristo è l’Abate Faria – o ‘Prigioniero 27’ – che trasforma Edmond Dantès, ingiustamente incarcerato, nel temibile, coltissimo, ricchissimo e vendicativo Conte.
Gli abati compaiono anche come archetipi nelle raffigurazioni allegoriche dette ‘Danse macabre’, dei memento mori diffusissimi nell’alto Medioevo, in cui la Morte, disegnata a guisa di uno scheletro, raggiunge prima o poi tutti gli strati della società, dal re al papa, dal contadino al mercante e all’abate, appunto.

Abate fu anche un titolo onorifico per indicare dei sacerdoti comuni. Questo uso fu influenzato dal francese abbé. Ricordiamo allora il Parini, noto come abate Parini, l’abate Cesari e l’abbé Pierre, fondatore oltralpe dei Compagnons d’Emmaus, religioso, ma anche uomo politico e membro della resistenza francese.

Oggi non usiamo questa parola in modo quotidiano come poteva avvenire in tempi ormai andati. Resta relegata ai libri di storia o alla sfera ecclesiastica, dacché abate è una carica di prestigio che segue subito quella di vescovo. Tuttavia è possibile usare il femminile, badessa, per indicare con ironia donne che si danno grandi arie d’importanza, come se fossero, appunto, le badesse d’un monastero. Diremo allora che la stagista del piano di sotto si comporta da badessa, o che la vicina tutt’occhi e orecchi dello stabile di fronte è la badessa del circondario e non le sfugge mai niente.

Parola pubblicata il 01 Gennaio 2021

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.