SignificatoDi elegia; permeato di mestizia, di malinconia
Etimologia voce dotta recuperata dal latino elegìa, prestito dal greco elegeía, derivato di élegos ‘canto funebre accompagnato col flauto’.
La galassia della tristezza è rappresentata nella lingua con una ricchezza di sfumature che quasi non ha pari. Ad alcune di tali sfumature ricorriamo meno — ma questo di rado vuol dire che si tratta di caratteri rari del reale. Solo, possono avere una complessità di riferimento che le rende poco economiche da usare, e meno universalmente accessibili. Ma si rimedia facilmente.
L’elegiaco è un attributo dalla storia così antica che la sua prima origine si perde. Ma il modo in cui lo concepiamo oggi ha preso un’onda speciale nella sua epoca d’oro, fra Sette e Ottocento; è l’epoca del romanticismo, quella di poesie come Elegy Written in a Country Churchyard di Thomas Gray, del 1750 (‘Elegia scritta in un cimitero di campagna’), che ambientata in un campo santo canta la fugacità delle glorie umane, il pregio del modesto.
Questa concezione dell’elegiaco s’imposta sul sentimento — mestamente meditabondo, teneramente malinconico, blandamente dolente. Abbandona del tutto il riferimento alla forma, al metro poetico — che invece caratterizza fortemente l’elegia dell’esperienza classica. Ad esempio, il famoso metro del distico elegiaco consiste di una coppia di versi (esametro e pentametro) che era la forma in cui l’elegia si articolava sia in greco sia in latino.
Certo l’addentellato storico c’è. Anche se non si possono definire monoliticamente i temi dell’elegia, (potremmo avanzare il tratto generale di una certa soggettività della composizione, che si contrappone all’epica, ma spalmata sui millenni la variabilità si fa sentire), si tratta di un genere poetico che non dimentica la sua origine di canto funebre.
Per la precisione, il greco elegeía, (che sarà preso in prestito dal latino elegìa) è un derivato di élegos ‘canto funebre accompagnato col flauto’. Questo termine è di origine incerta, ma c’è chi lo ricollega a un nome frigio di un flauto — cosicché il nome del genere artistico avrebbe viaggiato insieme allo strumento (la Frigia è quella regione storica dell’Anatolia dove oggi potremmo dire che sorge Ankara).
L’elegiaco è permeato di mestizia, ma in un modo particolare. Vive in quella porzione di tristezza che sta lontana dal tetro e dal disperato; in parte forse più seria, condivide le dolcezze della nostalgia e della malinconia — in una dimensione di accettazione, marcata quanto può esserlo un canto. È attributo di una composizione, di uno stato d’animo, e non è un termine che possa essere considerato in maniera frettolosa, come il triste. In una certa misura richiede sempre di essere contemplato. Gran complessità, ma il complesso spesso è comune.
Può essere elegiaco il ricordo condiviso dall’amica di una persona che conoscevamo, o di un’esperienza lontana fatta insieme; può essere elegiaca l’atmosfera dei giorni che si accorciano, o di una città in cui si vede sempre meno gente; elegiaco un volto dal contegno malinconico marcato, elegiaca una reazione di conscia rassegnazione.
È una parola che si fa notare per altezza, e che per essere intesa richiede la conoscenza di un significativo reticolo di riferimenti; a volte significare esperienze prossime è estremamente difficile, ma qui una risorsa finissima almeno l’abbiamo.
La galassia della tristezza è rappresentata nella lingua con una ricchezza di sfumature che quasi non ha pari. Ad alcune di tali sfumature ricorriamo meno — ma questo di rado vuol dire che si tratta di caratteri rari del reale. Solo, possono avere una complessità di riferimento che le rende poco economiche da usare, e meno universalmente accessibili. Ma si rimedia facilmente.
L’elegiaco è un attributo dalla storia così antica che la sua prima origine si perde. Ma il modo in cui lo concepiamo oggi ha preso un’onda speciale nella sua epoca d’oro, fra Sette e Ottocento; è l’epoca del romanticismo, quella di poesie come Elegy Written in a Country Churchyard di Thomas Gray, del 1750 (‘Elegia scritta in un cimitero di campagna’), che ambientata in un campo santo canta la fugacità delle glorie umane, il pregio del modesto.
Questa concezione dell’elegiaco s’imposta sul sentimento — mestamente meditabondo, teneramente malinconico, blandamente dolente. Abbandona del tutto il riferimento alla forma, al metro poetico — che invece caratterizza fortemente l’elegia dell’esperienza classica. Ad esempio, il famoso metro del distico elegiaco consiste di una coppia di versi (esametro e pentametro) che era la forma in cui l’elegia si articolava sia in greco sia in latino.
Certo l’addentellato storico c’è. Anche se non si possono definire monoliticamente i temi dell’elegia, (potremmo avanzare il tratto generale di una certa soggettività della composizione, che si contrappone all’epica, ma spalmata sui millenni la variabilità si fa sentire), si tratta di un genere poetico che non dimentica la sua origine di canto funebre.
Per la precisione, il greco elegeía, (che sarà preso in prestito dal latino elegìa) è un derivato di élegos ‘canto funebre accompagnato col flauto’. Questo termine è di origine incerta, ma c’è chi lo ricollega a un nome frigio di un flauto — cosicché il nome del genere artistico avrebbe viaggiato insieme allo strumento (la Frigia è quella regione storica dell’Anatolia dove oggi potremmo dire che sorge Ankara).
L’elegiaco è permeato di mestizia, ma in un modo particolare. Vive in quella porzione di tristezza che sta lontana dal tetro e dal disperato; in parte forse più seria, condivide le dolcezze della nostalgia e della malinconia — in una dimensione di accettazione, marcata quanto può esserlo un canto. È attributo di una composizione, di uno stato d’animo, e non è un termine che possa essere considerato in maniera frettolosa, come il triste. In una certa misura richiede sempre di essere contemplato. Gran complessità, ma il complesso spesso è comune.
Può essere elegiaco il ricordo condiviso dall’amica di una persona che conoscevamo, o di un’esperienza lontana fatta insieme; può essere elegiaca l’atmosfera dei giorni che si accorciano, o di una città in cui si vede sempre meno gente; elegiaco un volto dal contegno malinconico marcato, elegiaca una reazione di conscia rassegnazione.
È una parola che si fa notare per altezza, e che per essere intesa richiede la conoscenza di un significativo reticolo di riferimenti; a volte significare esperienze prossime è estremamente difficile, ma qui una risorsa finissima almeno l’abbiamo.