Etimologia voce dotta recuperata dal latino lautus ‘sontuoso, ricco, splendido’, ma propriamente ‘pulito, lavato’, participio passato di làvere o lavare ‘lavare’.
Dietro a termini alti, che possono parere perfino sofisticati, si possono nascondere considerazioni a dir poco candide che pur se non sono perspicue, si possono ancora percepire in una certa schiettezza d’uso. Il caso di ‘lauto’ è formidabile.
È un aggettivo che si accomoda particolarmente bene sull’abbondanza dei pasti. Un pranzo, una cena lauta ha qualcosa di straordinario — anche se non ha tratti veramente fastosi. È un pasto particolarmente curato, particolarmente ricco. Diremo lauto il pranzo che ci ammannisce la nonna, più che il banchetto di nozze. Due volte quel che mangeremmo di solito, e che gusto.
Questa abbondanza misurata si nota anche nella lauta paga — non è un pagamento che da sé arricchisca, non è roba incommensurabile da nababbi, però è senza dubbio più di quello che ci si aspetta di solito, è piuttosto generoso.
Il lauto, etimologicamente, non è altro che il lavato. Proprio il lavato.
Ci sono stati tempi — e se facciamo uno sforzo riconosciamo ancora la situazione — in cui il primo vero segno di distinzione sociale era la pulizia. Il lavato precede il lindo, l’ordinato, e non c’è sontuosità, non c’è condizione o portamento onorevole che non passi per questa pulizia. Tant’è che il lautus latino copriva tutti questi significati.
In italiano il prestito latino ha continuato il significato della progressione del lautus che investe per buona parte una quantità che si distingue: è ricco, splendido, cospicuo. Ma nel suono quanto nelle immagini che evoca mostra una lauta compostezza — non è abbondante e rotondo come l’abbondante stesso o l’opulento, non si affretta a misurare ricchezze e sfarzi (anzi ha una certa discrezione), e al contempo non è nemmeno terragno come il considerevole e l’ingente, né si imbarca a descrivere atteggiamenti come il generoso.
Un molto che è misurato: ecco il lauto, in tono col suo originale richiamo a un mondo più semplice e diretto, in cui il lavarsi è segno di distinzione, condizione primaria della cura di sé e semplicemente opposta al negletto. Un segno che senza sbavature passa a indicare il ricco, l’agiato, e le loro abbondanze.
Dietro a termini alti, che possono parere perfino sofisticati, si possono nascondere considerazioni a dir poco candide che pur se non sono perspicue, si possono ancora percepire in una certa schiettezza d’uso. Il caso di ‘lauto’ è formidabile.
È un aggettivo che si accomoda particolarmente bene sull’abbondanza dei pasti. Un pranzo, una cena lauta ha qualcosa di straordinario — anche se non ha tratti veramente fastosi. È un pasto particolarmente curato, particolarmente ricco. Diremo lauto il pranzo che ci ammannisce la nonna, più che il banchetto di nozze. Due volte quel che mangeremmo di solito, e che gusto.
Questa abbondanza misurata si nota anche nella lauta paga — non è un pagamento che da sé arricchisca, non è roba incommensurabile da nababbi, però è senza dubbio più di quello che ci si aspetta di solito, è piuttosto generoso.
Il lauto, etimologicamente, non è altro che il lavato. Proprio il lavato.
Ci sono stati tempi — e se facciamo uno sforzo riconosciamo ancora la situazione — in cui il primo vero segno di distinzione sociale era la pulizia. Il lavato precede il lindo, l’ordinato, e non c’è sontuosità, non c’è condizione o portamento onorevole che non passi per questa pulizia. Tant’è che il lautus latino copriva tutti questi significati.
In italiano il prestito latino ha continuato il significato della progressione del lautus che investe per buona parte una quantità che si distingue: è ricco, splendido, cospicuo. Ma nel suono quanto nelle immagini che evoca mostra una lauta compostezza — non è abbondante e rotondo come l’abbondante stesso o l’opulento, non si affretta a misurare ricchezze e sfarzi (anzi ha una certa discrezione), e al contempo non è nemmeno terragno come il considerevole e l’ingente, né si imbarca a descrivere atteggiamenti come il generoso.
Un molto che è misurato: ecco il lauto, in tono col suo originale richiamo a un mondo più semplice e diretto, in cui il lavarsi è segno di distinzione, condizione primaria della cura di sé e semplicemente opposta al negletto. Un segno che senza sbavature passa a indicare il ricco, l’agiato, e le loro abbondanze.