Panurgo
pa-nùr-go
Significato Furfante, imbroglione, briccone
Etimologia dal nome di Panurge, personaggio della serie di romanzi ‘Gargantua e Pantagruel”’ di François Rabelais, costruito adattando il greco panôurgos ‘scaltro’, ma alla lettera ‘capace di tutto’, composto di pan- ‘tutto’ e érgon ‘opera’.
Parola pubblicata il 14 Marzo 2024
Probabilmente abbiamo idea che alcune opere del passato siano state particolarmente fertili di parole, polirematiche, locuzioni, che lì sono comparse e sono poi entrate nell’uso comune e nel vocabolario. Possono essere recuperate o inventate da chi scrive, ma possono anche essere antonomasie — nel caso più semplice, nomi propri di personaggi che nella lingua si sono astratti a indicarne i caratteri e le qualità, che sono diventati nomi comuni (come dongiovanni e vanesio, per intenderci). Devono essere opere che abbiano avuto una diffusione ampia, che siano state considerate, e che siano state in grado (per proposito o incidente) di attingere alla vena universale dell’archetipo, con concetti, personaggi e situazioni che riconosciamo nella nostra vita. E ovviamente il nome deve funzionare.
In italiano spicca l’Orlando furioso, ad esempio (da gradasso a sacripante, da zerbino a rodomonte). Ma pensiamo a quanto ci viene dai poemi omerici. Il fatto curioso è che le parole e le espressioni che ne vengono fuori poi se ne vanno per il mondo per i fatti loro, senza che sia necessaria la conoscenza della fonte, e questo è particolarmente smaccato se parliamo delle parole che vengono dalle opere di François Rabelais.
È probabile che la letteratura francese del Cinquecento non sia esattamente il campo che ci trova con la ferratura migliore. E però parole come gargantuesco e pantagruelico — come il panurgo di oggi — scaturiscono da una delle opere più famose della letteratura francese di quel periodo e anzi d’ogni tempo, la serie dei romanzi Gargantua e Pantagruel.
Sono romanzi lunghi e fantasmagorici, che hanno avuto un grande successo e che hanno continuato ad essere un vasto bcino d’ispirazione. Di qui certi caratteri personali e certi eventi sono stati in grado di entrare nella lingua viva — con maggiore o minore disinvoltura. Peraltro Rabelais amava congegnare i nomi dei suoi personaggi in maniera particolarmente evocativa, con attenzione al fonosimbolismo onomatopeico e non disdegnando prestiti dal greco.
Il nostro Panurgo è uno, alla lettera, ‘capace di tutto’ — curioso come questa espressione indichi lo scaltro senza troppi scrupoli (o peggio), piuttosto che la zia che fa il pane in casa, salda le ringhiere e suona la fisarmonica cantando canzoni spagnole e polacche. Comunque. L’antonomasia quindi ci presenta il profilo di un furfante particolarmente furbo e briccone, anche con una certa abilità di togliersi dai guai.
Ora, una delle motivazioni che spinge Panurgo nelle sue peripezie (e che lo porterà in primo piano nel terzo romanzo della serie) è la ricerca del matrimonio, ma è fin quasi dal principio un caro amico del gigante Pantagruel, e si distingue un ingegno versatile (fra l’altro è un grande poliglotta) e per tiri particolarmente mancini. Facciamo un esempio?
Durante una traversata in mare, Panurgo viene ingiuriato dal mercante Dindenault, che ha con sé sulla nave i suoi montoni. Al che Panurgo acquista da Dindenault un montone, lo lancia fuori bordo, e tutti gli altri montoni lo seguono, facendo una fine tremenda e rovinando il mercante. Questo è un caso non solo esemplificativo del tipo di furbizia gaglioffa di Panurgo, ma anche proverbiale in sé: se si parla dei ‘montoni di Panurgo’ o delle ‘pecore di Panurgo’ (in francese esiste anche il panurgisme) si parla di una mentalità pecoresca e autodistruttiva da gregge.
Posso parlare di come sia difficile collaborare con un panurgo che ha già dato grandi problemi in un altro ramo, posso parlare di come l’amica panurga, viaggiando, si sia più volte messa seriamente nei guai e ne sia più volte uscita, posso parlare delle pecore di Panurgo che hanno sostenuto una scelta disastrosa dell’amministrazione.
È una parola che ha molti onorevoli sinonimi, e che pur venendo dalla stessa pianta è più rara rispetto al pantagruelico e al gargantuesco: la sua ricercatezza da un lato rende più difficile spenderla, dall’altro le conserva lo speciale carisma delle parole impervie di alta cultura.