Saldo

sàl-do

Significato Compatto, intero, fermo, fisso; in un conto, differenza fra voci attive e passive; rimanenze di merce messa in vendita a prezzo ribassato

Etimologia dal latino classico solidus ‘compatto, fermo, duro’, attraverso il latino tardo soldus.

Meno soldi, più saldi: mai come in quest’epoca di sconti perenni, dichiarati o meno, è palese il rapporto inversamente proporzionale tra i due, fertile di frusti slogan pubblicitari. Che essi, quindi, possano addirittura coincidere – come accade in francese, dove i saldi sono soldes –, pare di primo acchito assai sorprendente. Eppure, effettivamente soldo e saldo nascono dalla stessa pianta, che inizia a mettere radici nel 309 dopo Cristo, quando Costantino imperatore sostituì l’aureus, la moneta d’oro standard dell’Impero romano, con il solidus.

In origine, aureus e solidus erano aggettivi di nummus, moneta: il primo indicava semplicemente il suo essere, appunto, aurea; il secondo ne rimarcava la fattura di oro massiccio. Divenuto soldus nel latino volgare, solidus diede luogo al soldo, al sodo e, naturalmente, al soldato (ovvero assoldato, pagato col soldo). Da lui è certamente scaturito anche il latino tardo saldus, ma non sappiamo come, e l’ipotesi di un incrocio tra solidus e validus, avanzata da quasi tutti i dizionari, suona poco convincente.

In ogni caso, solido, sodo e saldo paiono significare la stessa cosa: consistente, duro, robusto. A ben vedere, però, la compattezza del solido e del sodo è fondamentalmente una questione di massa, di assenza di vuoti interni. Anche il saldo, beninteso, può avere questo significato – e infatti un tempo oro saldo equivaleva a oro massiccio –, eppure in lui c’è qualcosa di essenzialmente diverso: la sua solidità, più che assenza di vuoto, è anzitutto assenza di fratture, di soluzioni di continuità. Ciò che è saldo è fermo, stabile, perché tutte le sue parti sono ben coese, irremovibili; lo si vede bene nel verbo saldare, che non è un generico rendere saldo, bensì attaccare, congiungere due oggetti, due estremità di un’apertura. Il saldare, quindi, giunge al solido per composizione, unione delle parti: il saldo (pensiamo a un appiglio, a un proposito) è solido perché intero.

Ed eccoci ai saldi di fine stagione, dunque. Saldare ragione (in latino solidare rationem), far saldo e mettere in saldo significavano ‘pareggiare i conti’. Far coincidere dare e avere, ricucire un divario in un rapporto di credito, è come saldare una piaga facendone combaciare i margini. Per contro, in un esercizio commerciale il dare e l’avere raramente coincidono, e le merci in eccesso di cui liberarsi prima di chiudere i conti le si vende a saldo, così da rendere il bilancio intero, completo. In una singola transazione, il saldo pareggia i conti estinguendo il debito, ma in un bilancio il saldo è il risultato finale, positivo o negativo che sia. Si deve ai francesi, poi, la diffusione dell’uso estensivo del termine, in espressioni come solde migratoire (saldo migratorio, differenza tra numero di emigrati ed immigrati) e solde naturel (saldo naturale, differenza fra numero di nati e morti).

Quest’accezione del saldo come differenza pare contraddirne il senso originario di interezza; tuttavia si tratta pur sempre di risultato totale, chiusura di un conto. Ma perché in francese le merci sono en solde e non en salde? Perché a inizio Quattrocento, da Oltralpe presero in prestito il nostro soldo (ancora oggi la solde è la paga dei militari); poi, nel secolo seguente, adottarono anche ‘saldo’, gallicizzandolo il giusto (salde), ma di lì a poco fecero diventare solde anch’esso – e così, inevitabilmente, si creò confusione tra i due. Mais pourquoi? Vallo a sapere… Sarà che i francesi, quando si tratta di prestiti linguistici, sono assai più bravi a dare che a ricevere? E in questi casi, peraltro, come va considerato il saldo linguistico, positivo o negativo?

Parola pubblicata il 08 Dicembre 2020

La strana coppia - con Salvatore Congiu

Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.