Scompigliare

scom-pi-glià-re (io scom-pì-glio)

Significato Mettere in disordine; turbare

Etimologia da compigliare, derivato di pigliare, con prefisso con-, a cui si aggiunge il prefisso negativo s-.

Le parole in cui si assommano prefissi producono magie complesse e sofisticate, anche se poi corrono in discorsi quotidiani. Una base, magari semplice, viene alterata e ribaltata più volte — e uno dei fatti curiosi è che alcuni stadi, alcuni segmenti di parole comunissime possono essere caduti in una desuetudine secolare. Chi parla più di ‘compigliare’?

Diciamolo, ‘compigliare’ è un verbo che ha vissuto nel medioevo e poi basta. Anche se è bellissimo. È un derivato di ‘pigliare’, verbo ancora molto usato e di registro colloquiale: ha una storia lunghissima, che scaturisce dalla pila, colonna o piedritto in genere, costituito da elementi sovrapposti. Il pilare, nel latino tardo, ha fatto un passo piuttosto ovvio verso l’ammucchiare e quindi il saccheggiare: si sa, quando si saccheggia si deve ammucchiare la roba bona che è da portar via. Da pigliare, diciamo pure.

Questo ‘prendere’ da grassatori, men che bassotto, si pettina con un prefisso con-, che lo intensifica e ordina in una situazione. Il compigliare poteva essere un circondare, un abbracciare — pensiamo all’edera che compiglia il muro, alla folla che ci compiglia all’improvviso; ma poteva anche essere direttamente un ordinare, un commettere, un comporre — passo qualche minuto nel prato per compigliare un mazzo di fiori, compigliamo le parole giuste fra quelle che abbiamo appuntato in malacopia, e la bambina usa innumerevoli elastici per compigliarsi un’acconciatura assurda e di bellezza strabiliante.

Dato questo compigliare, che ha elevato e dato un verso e un senso alla rapina del pigliare, lo scompigliare viene da sé. Prende questa bella cosa ordinata, messa insieme a partire dalla grande offerta del mondo e...la spàmpana, la stravolge, la confonde, la ingarbuglia grazie alla semplice magia del prefisso s-, che ci mette la mano dentro e la agita, la rovescia.

Posso parlare di come un po’ di musica improvvisata scompigli il decoro pagante dei dehors della piazza, delle raffiche impietose che mi scompigliano i capelli appena fuori dal parrucchiere, di come un incontro o anche solo uno sguardo mi scompigli tutta la giornata. E con agile mossa scompigliamo le bacchette così da cominciare la partita a shangai.
Lo sentiamo: non ha la geometria dello scombinare, non ha le dimensioni scure del turbare, né le grandi proporzioni dello sconvolgere. Non ha nemmeno la prosa didascalica del disordinare, o dell’arruffare. Ha un equilibrio unico fra familiarità ed eleganza.

In effetti è sorprendente come un’azione così immediata e parlante sia costruita su una desuetudine completa. Ma è il semplice risultato di un uso continuo: lo scompigliare ha finito per scompigliarsi tanto che non solo il compigliare, ma lo stesso pigliare, dentro, quasi non ci si nota. Ancora meno, nello scompigliatissimo scompiglio.

Parola pubblicata il 27 Settembre 2025