Improvvisazione

Le parole della musica

im-prov-vi-sa-zió-ne

Significato L’improvvisare, realizzazione estemporanea di testi, versi, discorsi o musica; in musica, creare dal vivo una composizione, sia ex-novo che elaborandone una preesistente

Etimologia da improvviso, voce dotta recuperata dal latino improvìsus ‘inaspettato, impreveduto’.

L’improvvisazione musicale è un’arte antica, a volte difficile da cogliere per la sua natura evanescente. Si pratica nella musica cólta – per esempio nelle cadenze per strumento solista – e in altri ambiti.

Ogni cultura ha il suo linguaggio e un suo proprio modo d’improvvisare. In Occidente l’improvvisazione musicale era considerata una pratica normale del bagaglio tecnico del compositore. Tuttavia, il termine improvvisazione e i suoi sinonimi divennero ufficiali nel diciannovesimo secolo, probabilmente grazie al titolo impromptu di alcune composizioni di Chopin, Schubert e di altri romantici.

Ogni esecuzione porta con sé alcuni elementi aleatori; cionondimeno, questa imponderabilità non va confusa con una gestione completamente arbitraria dell’atto creativo; ‘lasciarsi andare’ solamente non basta. Piuttosto, se la musica si può considerare un gioco dell’anima (in inglese to play significa sia ‘suonare’ che ‘giocare’) e se l’artista è gagliardo, l’ispirazione non è ostacolata dalla conoscenza delle ‘regole del gioco’. Tuttavia, rispettarle permette di ottenere ottimi risultati in tempi rapidi, almeno in teoria, in special modo per i linguaggi musicali del periodo pre-novecentesco.

Nel XV secolo Johannes Tinctoris distinse fra cantare super librum e res facta. Il contrappunto non scritto, detto mentaliter o cantare super librum, era assimilabile a una sorta d’improvvisazione.

Nel Rinascimento si praticava il ‘contrappunto alla mente’ a più voci e possiamo immaginare quanto quest’improvvisazione fosse complicata: non di rado degenerava. Perciò Banchieri se ne burlò – come già ho raccontato nella parola ‘contrappunto’ – componendo il famoso Contrappunto bestiale alla mente. Per l’improvvisazione in polifonia, infatti, era iniziato un lento declino, anche a causa dello sviluppo della stampa.

Dall’inizio del XVII secolo si diffuse però la pratica del basso continuo: la realizzazione musicale estemporanea era effettuata dal continuista su uno strumento polifonico come organo, cembalo, o strumenti a pizzico. Il continuo poteva avere alcuni numeri sopra o sotto il pentagramma che prescrivevano l’armonia da suonare; il continuista improvvisava, muovendosi con cautela. per non causare errori con gli strumenti melodici o con i cantanti che accompagnava. La sua esecuzione era comunque estemporanea, perché sceglieva lui ‘come’ realizzare l’armonia, in base al proprio gusto e ad altri fattori variabili.

Un esempio un po’ romanzato di come avvenisse un’improvvisazione fu inscenato nel film Johann Sebastian Bach.

Dal XVIII secolo fino ai primi decenni del XX, si codificò la didattica del partimento, derivata dal basso continuo. L’allievo improvvisava alla tastiera, armonizzando la scarna linea di basso scritta che, a seconda delle capacità dell’esecutore, poteva trasformarsi in una spettacolare composizione virtuosistica. Questa scuola – in particolar modo quella napoletana – formò alcuni dei migliori musicisti per circa due secoli.

L’improvvisazione fu un banco di prova per celebri sfide, in cui furono coinvolti Mozart, Clementi, Liszt, Beethoven… Ecco come andò tra Mozart e Clementi.

Come ci informa Nildo Sanvido, nel 1808 proprio Beethoven improvvisò al pianoforte l’intero Adagio della sua Fantasia corale op. 80 per pianoforte, coro e orchestra, e solo l’anno dopo la scrisse in partitura. Tra l’altro, nell’Ottocento in Italia con ‘improvvisazione’ si intendeva anche la composizione di opere liriche realizzata in tempi brevi. Così Donizetti, che compose in otto giorni il Don Pasquale, affermò scherzosamente di non meravigliarsi che Rossini ne avesse impiegati ben quindici per il suo Barbiere di Siviglia, «perché è sì pigro»!

Probabilmente, però, il primo collegamento musicale che viene in mente parlando d’improvvisazione riguarda il jazz, il genere musicale che Stefano Bollani ha definito «sfacciatamente pieno di meravigliosi errori grammaticali». Nel jazz perfino l’errore può trasformarsi in una ghiotta occasione per sperimentare nuove sensazioni. Un concerto jazz può essere completamente improvvisato, come questa bellissima esecuzione di Keith Jarret.

Concludiamo con una tradizione antichissima: in Sardegna si gareggia per intere giornate improvvisando versi e musica davanti a un severissimo pubblico, che alla fine festeggerà il vincitore… con un brindisi di cannonau?

Parola pubblicata il 31 Gennaio 2021

Le parole della musica - con Antonella Nigro

La vena musicale percorre con forza l'italiano, in un modo non sempre semplice da capire: parole del lessico musicale che pensiamo quotidianamente, o che mostrano una speciale poesia. Una domenica su due, vediamo che cos'è la musica per la lingua nazionale