Tombarolo
tom-ba-rò-lo
Significato Chi ricerca, vìola e scava abusivamente tombe antiche, protette dalla legge, per sottrarne oggetti preziosi e d’interesse archeologico, specie da vendere clandestinamente a collezionisti
Etimologia derivato di tomba, con il suffisso -arolo tipico dei dialetti centrali, che ne fa nome d’agente con valore spregiativo; il latino ecclesiastico tumba è prestito dal greco týmbos ‘sepolcro’ — propriamente ‘tumulo’.
Parola pubblicata il 23 Novembre 2023
Usiamo le parole del cortile di casa per definire profili generali, che hanno una portata universale. Questo è stupendo.
Difatti parliamo di tombaroli quando raccontiamo il problema che c’è in Cina con i saccheggi delle tombe di antichi imperatori, piene di tesori archeologici inestimabili; parliamo dei tombaroli (ancora più famosamente perché di mezzo ci sono maledizioni arcane e trappole agghiaccianti) che hanno spogliato le piramidi e le profonde sepolture dei faraoni d’Egitto — se quelle minori che abbiamo trovato intatte erano favolose, chissà come dovevano essere quelle dei sovrani maggiori! E ancora, parliamo di come certi tombaroli siano finiti per fare scoperte straordinarie sulle Ande, o nel cuore d’Europa, fra sepolcri merovingi o dell’età del bronzo (parlavamo delle Pleiadi sul disco di Nebra, ricordi?).
Ma non possiamo fare finta di non notare che la professione del tombarolo ha lo stesso suffisso del pizzicarolo, del bombarolo, del fungarolo — e del collega fregarolo. Per quanto di mondo (ha pur sempre a che fare con acquirenti di un certo livello e internazionali), il tombarolo tradisce le sue origini dell’Italia centrale — un’ascendenza fra bassa Toscana e alto Lazio. Infatti -arolo è un suffisso che si usa per costruire il nome di chi esercita un mestiere, variante locale di -aiolo — ma ha sempre un tratto più o meno ironico, più o meno tagliente, che nel tombarolo arriva fino allo spregio. Questo non è senza significato.
La figura generale del tombarolo si induce a partire dalle figure particolari dei predatori di tombe etrusche. Per tradizione millenaria gente esperta, esplorando fianchi rocciosi di collina, piane con tumuli appena apparenti, ha scavato e si è calata nelle liete aule ipogee delle necropoli in cui stavano riposando gli antichi abitanti del posto, trafugando gioielli, vasi, statue. Tutto il corredo traboccante di vita che avevano tenuto con sé per l’oltremondo — da rivendere poi sul fiorente mercato clandestino del collezionismo. Anch’esso, una piazza millenaria.
‘Tombarolo’ è un termine stupendo. ‘Predatore di tombe’ eleva, dà al mestiere una rapacità che il suffisso -arolo per contro sa spogliare di ogni fascino — ogni fascino, fuori da quello di un mestiere tanto nocivo e rischioso quanto paziente e modesto. Non tira in ballo esplicitamente ruberie, profanazioni; fra tutti i modi che abbiamo per indicare il luogo ultimo in cui viene posto il corpo di una persona morta, sceglie il più umile. ‘Tomba’, che entra in italiano dal latino ecclesiastico tumba, prestito dal greco týmbos, propriamente ‘tumulo’ — e in effetti parente etimologico del tumulus latino.
Dice tutto quanto e lo dice in modo spicciolo e allusivo, con una caratterizzazione forte insieme con un’ironia spregiativa. Di qui, proietta il furfante medio del nostro paesaggio su tutto il globo terracqueo.
Si dice che l’italiano sia una lingua che non brilla per sintesi — ma in quanto a sintesi di sfumature è poderosa.