Tremendo

tr-mèn-do

Significato Che incute spavento; disastroso, atroce, molto forte; insopportabile

Etimologia dal latino tremendus ‘spaventoso, terribile’, propriamente gerundivo di trèmere ‘tremare’, nel senso di ‘ciò per cui si deve tremare’.

Qualche anno fa, un ragazzo che aveva ospitato un coetaneo inglese nell’ambito di un gemellaggio mi riferì, sconsolato, che in un tweet postato poco dopo la sua partenza l’ospite asseriva di aver trascorso a tremendous time in Cagliari, e di aver conosciuto lots of terrific people. Fattogli debitamente notare che prima di affliggersi avrebbe anche potuto consultare un dizionario, gli svelai che tremendous e terrific non erano quel che sembravano: l’inglese intendeva dire che si era trovato stupendamente e aveva incontrato tante persone fantastiche. Il ragazzino scosse la testa, tra l’incredulo e l’esasperato: “sì, vabbè, ma questi inglesi sono proprio strani…”. Poco mancava che, novello Obelix, esclamasse “S.P.Q.I.”!

È abbastanza evidente che l’origine del tremendo sia nel tremito, e precisamente nel gerundivo del latino trèmere: il tremendo è ciò per cui si deve tremare, aver paura, così come le mutande sono da cambiare spesso e delle pudenda bisogna aver pudore. Più genericamente, può riferirsi anche a ciò che è duro da sopportare, sgradevole o pernicioso — che sia l’insistenza di un seccatore, il caldo o l’ultimo film del regista che non ha più nulla da dire ma vuole dirlo comunque.

Piuttosto chiara anche la relazione fra tremore e terrore, ma niente affatto perspicuo il legame etimologico tra i due: la radice indoeuropea ter-, probabilmente, è divenuta tre- per metatesi (inversione di due suoni), dando origine al tremare, al tremolio e al trepido (cioè l’agitato, l’inquieto, di contro all’intrepido, inconcusso da tremiti e quindi impavido). Aggiungendo a piacere suffissi alla radice del terrore, poi, ottengo terr-ibile (ossia capace di atterrire) e terr-ifico (che fa paura), nonché terrificante, vieppiù insidioso perché posso usarlo anche per lo sformato ammannitoci l’altra sera da nostra cugina — non proprio un complimento.

Ma allora, come diamine è accaduto che da tutto questo timore e tremore sia scaturito, in inglese, qualcosa di positivo? Com’è possibile che a definire qualcuno a tremendous person s’intenda che è persona fantastica, eccezionale, e che esclamare Terrific! al cospetto del bolide nuovo di zecca dell’amico non estrinsechi orrore, bensì ammirazione? Il meccanismo non è poi così oscuro, e l’abbiamo già visto all’opera in ordinario: letteralmente, lo straordinario dovrebbe essere solo ciò che esula dall’abituale, che ha carattere di eccezionalità. Ma le voces mediae sembrano covare un naturale impulso a uscire dalla medietà, a prendere posizione, a sbilanciarsi, e infatti anche eccezionale, al pari di straordinario, ha finito per assumere un senso elogiativo, mentre — tornando al campo dei tremori e terrori — in latino formidabilis significava ‘spaventoso’, ‘pauroso’, (formìdo era ‘paura’), ma oggi formidabile si usa perlopiù nel senso di ‘strabiliante’, ‘fenomenale’.

Ecco, ci risiamo: fenomenale. Di per sé, il fenomeno non è altro che ciò che appare (in greco phaínomai), ciò che si mostra; ma un’apparizione non è mai un accadimento qualsiasi. L’usuale, il consueto, non appare: è lì e basta. Ciò che davvero appare assume volentieri la forma del prodigio. E il prodigio, il monstrum, è tanto mirabile quanto temibile — perché il mostro è un monito divino, e tremenda è la sua potenza. Insomma, il tremendo fa tremare, ma con una forza che si rispetta. Da qui, il balzo sino all’ammirazione (admirari, guardare con meraviglia), e quindi all’apprezzamento, non è poi così lungo. Semplicemente, l’inglese lo ha compiuto, e da lì manda messaggi talora poco comprensibili all’italiano fermatosi al di qua.

Parola pubblicata il 14 Aprile 2020

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Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.