Ametista

a-me-tì-sta

Significato Quarzo prezioso dal colore violetto dovuto alla presenza di manganese, utilizzato principalmente nell’ambito della gioielleria, sfumatura del colore viola tipico della pietra semipreziosa

Etimologia voce dotta recuperata dal latino amethystus, prestito dal greco amethystòs, propriamente ‘non ubriaco’, con a- privativo prefisso a un derivato del verbo methýo ‘sono ubriaco’.

Non è di molto fa la notizia del ritrovamento archeologico, nei pressi della città di Yavne, in Israele, di un bellissimo anello d’oro ornato di una favolosa ametista, probabilmente databile intorno al VII secolo. Potrebbe sembrare nulla di speciale, una cosa piuttosto anodina, ma va tenuto conto che quella zona, all’epoca dell’Impero bizantino, era molto nota per i ricchi vitigni e la produzione enologica.

L’anello in questione — foto di Dafna Gazit, Israel Antiquities Authority

Che c’entrerà mai Bacco con l’ametista, ci si potrà chiedere? Ebbene, vale la pena seguire un filo di Arianna teso tra il dio del vino e l’etimologia della parola ametista per scoprire che, in tempi antichi, la bella pietra semipreziosa era creduta essere un portentoso rimedio contro le sbronze. Ecco, forse, l’antico scopo di quell’anello-amuleto.

Ametista, infatti, deriva dalla parola greca amethystòs, formata da un prefisso che convoglia il senso di privazione, cioè a-, e un derivato del verbo methýo, che significa ‘essere ubriaco’. Questo minerale, in poche parole, toglie l’ubriachezza e lenisce i dolori del temibilissimo ‘giorno dopo la sbornia’.

Eh no! Dice Plinio, nella sua Naturalis historia. Proprio no! Che sciocchezze sono mai queste? Scrive infatti:

La millanteria dei maghi afferma che esse [le ametiste] combattono l’ubriachezza.

In effetti pare che questa credenza al tempo degli antichi greci e romani fosse così diffusa che era divenuto uso corrente bere vino in calici intagliati nei geodi di ametista per annullare gli effetti dell’alcol contenuto nella bevanda. Plinio ci aveva visto bene e, in tempi in cui ancora il test del palloncino non esisteva, aveva denunciato con la sua solita asciuttezza la fake news.

L’ametista, mettendo da parte tutte queste fanfaronate sull’alcol, resta comunque un minerale dal colore strepitoso, molto apprezzato in gioielleria. Certo, un tempo era più rara e, quindi, più preziosa, ma il suo destino nel mercato gemmologico fu segnato dalla scoperta delle miniere brasiliane durante il XIX secolo. Quei giacimenti, che straripavano di cristalli violetti e che tutt’oggi ne sono il principale luogo di approvvigionamento, fecero precipitare irrimediabilmente il suo prezzo e la sua ricercatezza, tanto che oggi la brillante ametista non è più ritenuta una pietra preziosa alla stregua del rubino o dello smeraldo, come invece accadde nel passato (a testimonianza di questo ci sono alcune bellissime parure antiche appartenute o tuttora appartenenti alle case reali, come le ametiste napoleoniche, che oggi ornano il capo della regina di Svezia).

L’ametista, al di là del suo sciagurato destino di semidio nel pantheon delle gemme, ha avuto la fortuna di diventare la pietra eponima di una sfumatura di viola intensa e vibrante, particolarmente piena e voluttuosa: adoro quella giacca color ametista, ti sta davvero bene! Stavamo pensando di ridipingere il bagno di un bel viola ametista, che ne pensate?

Ma, alla fine, perché non riconciliare felicemente l’ametista e il vino nella stessa frase, con buona pace del vecchio Plinio? Accade, ad esempio, quando ammiriamo il nostro calice di rosso e notiamo il gioco dei magnifici riflessi ametista, che ci rivela la giovinezza del vino, appena prima di assaggiarlo.

Parola pubblicata il 13 Febbraio 2022