Arringare

ar-rin-gà-re (io ar-rìn-go)

Significato Rivolgersi a un insieme di persone con un discorso, esortare

Etimologia da arringa, che è dalla voce gotica ricostruita hrings ‘cerchio’.

– Buongiorno avvocato, la disturbo?
– Si figuri, stavo finendo di preparare l’arringa per domani.
– Ah, buongustaio, allora la lascio cucinare, richiamo dopo.

La maggior parte delle parole che nella nostra lingua si riferiscono a orazioni ed eloquenza di grado retorico, politico o forense affondano le proprie radici nel mondo classico greco-romano; dopotutto quei nostri antichi nonni vestiti di lenzuola erano dei maestri inarrivabili nel chiacchierare nelle assemblee. L’arringa e l’arringare, invece, ci raccontano una storia che inizia in un mondo diverso, e perciò da ascoltare con particolare attenzione.

Dobbiamo guardare all’Italia del medioevo, a un periodo in cui nuove grandi energie di popolo si radunano nelle città per sfuggire agli antichi poteri di feudi e impero — l’età comunale. Un periodo autentico e carismatico della nostra storia, che infatti si è mostrato capace d’essere proemio di una narrazione nazionale. Il primo bacino comunale fu il settentrione, e in questo contesto trovò uno speciale successo una parola che era stata portata dai Goti secoli prima, che era passata nella popolazione locale ed era vissuta in una maniera sfuggente, a lungo orale — ancora incerti i suoi rapporti col latino. Si tratta del termine ricostruito hrings ‘cerchio’ (che come agli ingegni più acuti non sfuggirà ha parenti in parole germaniche quali il Ring tedesco e il ring inglese, che significano ‘anello’ — il gotico stesso è una lingua germanica).

Questa parola ha indicato il luogo dell’assemblea. Non di assemblee curiali, auliche, di antica e nobile ascendenza, ma di assemblee adunate dal popolo contro i poteri antichi e nobili. Nascono gli arenghi, che sono proprio i luoghi di queste assemblee, che col tempo da spontanee si fanno comunali, gli arengari quali palazzi municipali. Nasce l’arringare, che è il parlare in questo cerchio di piazza.

Non una parola di antica e splendida gloria forense — anche se oggi si arringa soprattutto in tribunale. Ma un germoglio germanico strutturato, vigoroso e popolare, dotato di una grande solennità pratica ed esortativa, calato fortemente nell’insieme di persone a cui è rivolto, nella situazione in cui è pronunciato, senza le astrattezze dell’orazione, senza la noia predicatoria del sermone. Così possiamo parlare di come il ristoratore arringa i clienti decantando la veracità della sua cucina, dello zio che al secondo fiasco inizia ad arringare commensali e passanti raccontando il giusto e l’errato, del politico scarso che arringa folle di figuranti.

Parola pubblicata il 27 Luglio 2021