Aurora
au-rò-ra
Significato Momento terminale dell’alba che precede il sorgere del sole, in cui il cielo si colora
Etimologia voce dotta recuperata dal latino aurora.
- «Il fuoco dell'aurora incendiava le nubi e spengeva le ultime stelle.»
Parola pubblicata il 05 Luglio 2022
A vederla, può sembrare una parola davvero povera d’interesse, per quanto di facile suggestione. Ma — a parte l’altrettanto facile rilievo che si tratta di una suggestione atavica cardinale — ha due nodi piccolini piccolini che ci chiede di sciogliere: che cos’è di preciso e da dove trae il suo nome.
Già perché difficilmente si ha sulla punta della lingua che cosa sia l’aurora, specie in confronto all’alba. E dire che l’aurora è la fine dell’alba può disorientare.
Il problema che incontriamo nel collocare l’aurora è dovuto al fatto che l’alba non è la levata del sole, ma l’intero periodo di transizione fra notte e giorno — cioè fra l’ombra totale e il sorgere del sole.
Anche se, va detto, la definizione non è sempre riportata in maniera completamente univoca dai dizionari, e c’è chi separa — prima del sorgere del sole — alba e aurora come momento precedente e successivo, forse la definizione più ragionevole è quella che individua nell’aurora una porzione dell’alba, in particolare l’ultima parte, quella prossima al giorno, che si distingue per un motivo di rara immediatezza: il colore.
L’alba ci parla etimologicamente di un biancore (significa letteralmente ‘bianca’, in latino). E in effetti, se ci capita di poter dedicare qualche ora all’osservazione del cielo sul finire della notte, possiamo apprezzare il modo in cui l’annuncio del giorno sia un primo, vago impallidire dell’ombra — praticamente senza colore, ma sufficiente a iniziare a spengere le stelle. L’alba è il crepuscolo mattutino.
L’aurora ne è il momento culminante, in cui i raggi rifratti di un sole ancora sotto l’orizzonte tingono il cielo di colori netti — in una palette che va dall’oro, al rosa, all’arancio, al rosso al porpora. Termina col levarsi del sole.
Facendo la tara alla normale sfocatura con cui sono usate queste parole (questi significati così precisi sono un approdo tutt’altro che antico), è questa la ragione per cui ‘alba’ e ‘aurora’ hanno un’analoga consistenza di significati figurati: sono legate da un rapporto di continenza, e anche nella sfocatura insistono su un analogo momento del giorno astronomico. Perciò l’aurora della civiltà e l’alba della civiltà sono sostanzialmente la stessa roba — cambia solo un tocco di sfumatura, con un’aurora che è più ricercata e forse promettente, e un’alba più standard e fattuale.
Peraltro, è l’essere colore celeste dell’aurora ad averla fatta eleggere per indicare le mobili luminescenze ad arco delle aurore boreali e australi, determinate dall’interazione magnetica della terra con l’attività solare — e che, per la cronaca, sono per la prima volta nominate in italiano da Galileo.
Ora, il suo nome è molto antico — aurora è una parola già in latino, anzi secondo certe ricostruzioni è da qui che scaturiscono i nomi della gens Aurelia, e il nome ‘Aurelio’ stesso. Ma se alba ha un significato letterale così netto e squadernato, lo stesso di aurora non si può dire.
L’etimologia che risale a tempi precedenti al latino ce la presenta in una famiglia indoeuropea di termini che si riferiscono variamente all’alba (dal sanscrito usah al greco éos), ma non solo: la radice di questa famiglia, aus-, è quella che discende nell’aurum che dà vita all’oro e all’aureo, ma anche nell’australe e nell’est. Il suo nucleo è uno scintillare — ed eco il fondo: imperniato sullo scintillìo si sviluppa un nesso radicale di pensiero, tessuto in antichità remote, fra l’aurora e l’oro.