Babàu

Leopardi spiega parole

ba-bàu

Significato Mostro leggendario, dalle caratteristiche non ben definite, appartenente alla tradizione popolare ed evocato per intimorire i bambini

Etimologia di natura onomatopeica, la parola nasce come ripetizione del suono bau, voce anticamente usata per far paura ai bambini.

  • «Guarda che se non fai il bravo arriva il Babàu e ti porta via!»

Benché il suo aspetto sia avvolto dal mistero e non sia del tutto chiara la natura del suo carattere, il Babàu scorrazza da secoli tra le leggende popolari spaventando i bambini di tutto il mondo.

Per il folklore italiano, costui si aggira temibile nella notte pronto ad assalire i bambini più disobbedienti, motivo per cui è stato spesso assimilato al Boogeyman americano, al Buka della tradizione russa, al Butzemann tedesco e via dicendo.

Nella tradizione della Linguadoca, nella Francia meridionale, il Babàu assume fattezze più definite, quelle di una bestia sanguinaria non dissimile da un drago, dal manto verde e gli occhi che sputano fuoco. Leggenda vuole che la notte del 2 febbraio 1390 il Babàu, introdottosi nella città di Rivesaltes attraverso un foro lungo le mura, avesse fatto una carneficina di bambini. La città fu poi liberata dall’eroico intervento di un nobile del luogo, ma la leggenda del Babàu croqueur d’enfants (“sgranocchiatore di bambini”) è rimasta viva nell’immaginario francese e ancora oggi a Rivesaltes, in agosto, si celebra la Fête du Babau.

Leopardi, analizzando la struttura di questa singolare parola (che nel suo dialetto marchigiano suonava piuttosto nella variante Bobò), ci accompagna in un viaggio etimologico tra sonorità e immaginari mediterranei:

La voce popolare bobò che significa presso di noi uno spauracchio de’ fanciulli […] non è altro che un sostantivo formato dalle due voci bau bau […] ridotte a significare una persona o spettro che manda fuori quelle voci bau bau.

Giacomo Leopardi, Zibaldone

Prosegue poi raccontando dell’antichissima tradizione di questa sonorità allitterata, comune già ai greci e ai latini, che vi esprimevano il latrato dei cani, e giunta fino al nostro abbaiare e al francese aboyer. Nato dunque per esprimere il verso dell’animale da compagnia, questo suono era poi passato a designare una generica voce che spaventa i fanciulli: già nell’edizione secentesca del Vocabolario della Crusca troviamo infatti la “parola” bau bau illustrata come “voce usata per ischerzo, per far paura a' bambini”, vale a dire il nostro odierno “bu!”.
Infine, da suono pauroso esso passò a designare chi questo suono lo emetteva: una creatura misteriosa, terribile, da cui dover stare alla larga - il Babàu per l’appunto.

Nonostante queste sue umili origini da spauracchio leggendario, il nostro Babàu può oggi vantare una carriera artistica di successo: dalle favole dei Fratelli Grimm ai romanzi di Stephen King, passando per il film di animazione The Nightmare Before Christmas o la serie animata The Real Ghostbusters, e facendo capolino nei testi di cantautori italiani come Sergio Endrigo e Francesco De Gregori.

L’apparizione più straordinaria è però certamente tra le pagine del genio di Buzzati. Il suo Babau è un mostro solo apparentemente minaccioso ma che, a guardarlo senza pregiudizio, si rivela invece mansueto, dallo sguardo placido. Questa creatura proteiforme, dalle goffe fattezze di tapiro, inizia però a tormentare le notti non di un bambino - come ci si aspetterebbe - ma di un adulto bello e fatto. Tale affronto porterà a una vera e propria crociata urbana al fine di eliminare il Babau, considerato uno “sconcio degno del medioevo”. Nonostante l’opposizione di parte della cittadinanza, che si riconosceva invece legata a quella “pittoresca quanto inoffensiva tradizione”, il racconto si conclude tristemente con morte di quel “buffo nemico-amico”, grande ombra nera sul luccicore candido della neve.

Il Babau, olio su tela firmato Dino Buzzati, 1967


L’amara considerazione finale mette l’accento sull’incapacità degli uomini di convivere con quel lato oscuro che ciascuno di noi ospita dentro di sé, con il quale sarebbe meglio imparare a dialogare anziché cercare a tutti i costi di reprimere – con il rischio di danni tristemente irreparabili.

Era molto più delicato e tenero di quanto si credesse. Era fatto di quell’impalpabile sostanza che volgarmente si chiama favola o illusione: anche se vero.
Galoppa, fuggi, galoppa, superstite fantasia. Avido di sterminarti, il mondo civile ti incalza alle calcagna, mai più ti darà pace.

Dino Buzzati, Il Babau

Parola pubblicata il 27 Giugno 2022

Leopardi spiega parole - con Andrea Maltoni

Giacomo Leopardi, oltre ad essere un grande poeta, ha osservato e commentato esplicitamente molte parole della nostra lingua. Andrea Maltoni, dottoressa in filologia, in questo ciclo ci racconterà parole facendolo intervenire.