Cantambanco

can-tam-ban-co

Significato Cantastorie popolare; ciarlatano, imbonitore

Etimologia da canta in banco ‘che canta sui banchi’.

  • «Mi sembra che sia una commissione di cantambanchi.»

Questo termine ci offre il riferimento a una figura d’antan che però conserva smalto e può essere efficace e immediata da evocare.

Il saltimbanco è una figura che ci è abbastanza nota, il riferimento è comune. Che dinamismo, in questa fotografia lessicale! Ci rende tutta l’energia vitale e scanzonata di un salto sul banco — palco rudimentale da fiera, attrazione magari non delle più raffinate, ma popolare, impastata di seduzione irresistibile come anche dell’emarginazione che per secoli ha segnato chi di recitazione e acrobazie faceva arte. Tanto che, da un lato quello del saltimbanco è vero intrattenimento, dall’altro resta modello, antonomasia del poco serio e dell’irresponsabile. Ad esempio, quando appoggiato al bancone l’avventore tuona, dice «Macché, quali tecnici esperti! Son saltimbanchi!».

E il cantambanco? Non sarà una mela caduta tanto lontano, si direbbe. D’altro canto è curioso che la figura del cantambanco sia tanto più desueta, nella lingua, rispetto a quella del collega. Non sono figure lontane, ma il momento in cui la lingua le coglie, l’atto in cui le immortala è differente.

Anche il cantambanco è lì a fare uno spettacolo, e anche il suo può essere tanto popolare senza grandi finezze. Ciò che ci viene mostrato, però, è che canta. In senso lato quindi è uno che intona e parla, qualcuno che racconta — ci può essere qualche salto e piroetta d’interpretazione, può essere anche giocoliere, ma ecco, non è questo il fulcro del ruolo.

Se il saltimbanco è tutto spettacolo fisico, il cantambanco ha la forma primaria del cantastorie. Ciò che offre dal banco consiste più esplicitamente in racconti declamati, contenuti che possono inclinare, muovere, raggirare chi ascolta: sugli spalti dei nostri significati il cantambanco si siede vicino al ciarlatano.

Ma attenzione — qui sta la cifra sua, rispetto ai suoi sinonimi: ciarlatani e imbonitori hanno come primo evidente scopo la persuasione — l’invito a partecipare a uno spettacolo, ad acquistare merce preziosa e prodigiosa. Beninteso, sono interazioni altamente intrattenenti anche queste — quante volte ci è capitato di acquistare una cosa che non immaginavamo perché le dimostrazione di un venditore o di una venditrice è stata irresistibilmente attraente, o anche solo di assistervi con rapimento?

Invece il cantambanco avvolge il suo potere suasorio in quello che è già dichiaratamente uno spettacolo. È lì a raccontare. Distrae, diverte, suona, canta, emoziona, tiene banco, ed è magari l’occasione buona per qualche onesta doppiezza. Il profilo, come si capisce, è ricorrente anche fuori dalle fiere — non è più così comune incappare in cantambanchi, che anzi hanno una collocazione specie medievale.

Però si possono riformulare le promesse fatte durante la campagna elettorale con agilità narrative da cantambanco, il collega ci racconta la sua versione con verve di cantambanco, venendo a sapere la verità capiamo che la nostra amica sa essere una notevole cantambanca, e sono cantambanchi i professionisti a cui ci siamo affidati e che hanno tradito la nostra fiducia.

Nell’impero della narrazione che viviamo (oggi forse più che in altre epoche), rispolverare un ruolo che la produce in maniera volentieri equivoca — individuato con una parola ricercata e completamente accessibile — ci mette in mano una risorsa icastica.

Parola pubblicata il 31 Agosto 2023