Capataz

ca-pa-tàz

Significato Capo autoritario

Etimologia voce spagnola, derivata del latino caput secondo un’evoluzione non chiara.

La tavolozza di parole che denotano un capo è sterminata: si va dalla genericità senza contorno del superiore, al respiro carismatico del leader, ai tratti militari di comandanti e capitani, fino all’istituzionalità del presidente, e agli esotismi dei ras e dei cacicchi. Si tratta di un arcipelago molto variegato che stuzzica la fantasia per il viluppo di grandezza e oppressione proprio del potere — e qui dobbiamo mettere a fuoco la figura di un peculiare capo autoritario.

Anche un dittatore è un capo autoritario. Ma è un capo di vertice, lontano ed effettivamente potente — invece ogni gradino della gerarchia del potere è composto da capi. Ebbene, il capataz è l’ultimo capo, la penultima ruota del carro.

Come dal caput latino si arrivi al capataz spagnolo non è chiaro, e in effetti anche il modo in cui il prestito del capataz è stato colto in italiano negli ultimi anni dell’Ottocento è sfumato. Quello che è evidente è che ci troviamo davanti a un caposquadra, a un caporeparto, a un sorvegliante di operai, a un conduttore di carovane, a un fattore, a un amministratore locale — che nel passaggio in italiano si è guadagnato un profilo canzonatorio di figura autoritaria.

Così possiamo parlare della capataz dell’ufficio che passa il suo tempo a controllare che stiano tutti seduti, del capataz che dà ordini durante la manifestazione, dei capataz che fanno il bello e il cattivo tempo in paese. Se riferito a livelli più alti della scala di potere, il capataz oltre a irridere sminuisce: un capataz di governo dà l’idea di un capetto.

Una parola gradevole e che sa sorprendere dando un preciso giro di senso alla frase; l’aura forestiera, con quel finale tagliente, contribuisce a renderla frizzante ed energica — come vuole essere l’ironia salata nei confronti del capataz.

Parola pubblicata il 16 Novembre 2020