Cicogna
Parole bestiali
ci-có-gna
Significato Uccello del genere Ciconia, famiglia dei Ciconidi, ordine dei Ciconiformi. Si divide in sette specie, di cui la più nota è la cicogna bianca
Etimologia dal latino ciconiam, derivato da canere, cantare.
- «È arrivata la cicogna?»
Parola pubblicata il 10 Luglio 2023
Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti
Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.
Uno dei grandi enigmi dell’ornitologia è perché sia proprio la cicogna a portare i bambini, e non per esempio il pellicano che, quantomeno, avrebbe uno spazio dove metterli. Eppure tutta l’Europa condivide questa convinzione, al punto che in inglese esiste addirittura il participio “cicognata” (storked) nel significato di “incinta”.
La leggenda nasce, pare, dalle abitudini migratorie delle cicogne, che ogni anno percorrono anche 20.000 km per andare a svernare in Africa. Al loro ritorno, in primavera, cercano subito un tetto comodo per costruirci il nido e, dato che nei paesi nordici fa ancora frescolino, si sistemano volentieri vicino a un comignolo caldo. Ora, le famiglie in cui era appena nato un bambino tenevano il camino acceso più a lungo. Per cui, in effetti, erano i bambini a portare le cicogne e non l’inverso.
D’altra parte, se la leggenda della cicogna è universale, il suo nome vede una netta distinzione tra lingue germaniche e romanze. Agli occhi nordici, infatti, la sua caratteristica distintiva era evidentemente la rigidità del portamento. Da qui il termine inglese “stork”, parente stretto di “stark” che significa “rigido” e, per analogia, rigoroso, inflessibile (dunque sì, linguisticamente la cicogna è imparentata con gli Stark del Trono di spade).
Per noi romanzi, invece, ciò che contava era il suono emesso da questi uccelli, giacché sembra che “cicogna” venga da “canere”, cantare, con un raddoppiamento onomatopeico. La cosa curiosa è che in realtà la cicogna è quasi muta, tuttavia riesce a fare un discreto schiamazzo sbattendo il becco.
La stessa suggestione sonora è forse all’origine di una parola dialettale che tutti i milanesi conoscono: ciribiciaccola. Io l’ho sempre sentita usare come sinonimo di “testa” (ho perso la ciribiciaccola, m’è girata la ciribiciaccola), ma in realtà è un’estensione metaforica. Di per sé questo strambo nome identifica il campanile dell’abbazia milanese di Chiaravalle, che per molto tempo è stata una meta privilegiata nei pellegrinaggi delle cicogne.
Questi uccelli, infatti, tendono a tornare tutte le primavere nello stesso posto e addirittura nello stesso nido, passandoselo anche di generazione in generazione (i nidi più antichi di cui si ha notizia superano i 100 anni). Peraltro ogni volta lo ampliano un po’ – del tutto abusivamente, è chiaro – cosicché alcuni nidi assumono dimensioni gargantuesche, fino a 2 metri di larghezza e 3 di profondità.
Nulla di strano, dunque, che per secoli le cicogne siano costantemente tornate al campanile di Chiaravalle per nidificare, al punto che fin dal Seicento sono entrate nello stemma dell’abbazia. Ciò rende plausibile l’ipotesi che dal loro verso ciri-ciri sia nato il termine “ciribiciaccola”, che forse all’inizio significava solo “cicogna” e poi è passato a indicare il campanile.
A questo proposito esiste anche una simpatica filastrocca, che parafrasata suona così: sopra il campanile di Chiaravalle c’è una ciribiciaccola, con 155 cirabiciaccolini. L’una e gli altri “ciciarano” (chiacchierano), ma la chiacchierata della ciribiciaccola dura più a lungo di quella dei cirabiciaccolini. Uno scioglilingua che, secondo alcuni, rappresenta il rapporto materno dell’abbazia con i monaci che la abitano, mentre per altri descrive appunto l’interazione tra una cicogna e i suoi piccoli, nel loro nido sul campanile: