Coacervo

co-a-cèr-vo

Significato Accozzaglia, cumulo confuso

Etimologia da coacervare, ‘ammucchiare’, voce dotta recuperata dal latino e derivata di acervus ‘mucchio’, col prefisso co-.

  • «Questo libro è un coacervo di idiozie.»

Certe parole sono efficaci, funzionano su più livelli: sono diversi i canali, i modi in cui riescono a trasmettere il proprio significato — alla fine il più trascurabile sembra essere la definizione, il significato che si legge sul dizionario.

Il coacervo è una parola bizzarra, a prima vista ostica, in cui le lettere sono ammassate senza un senso perspicuo. Si può leggere bene il co- iniziale, e capire che stiamo parlando di un insieme, di una situazione, ma l’acervo?
Non è strano che suoni strano. Siamo davanti a un fossile enigmatico. Non è solo un ramo secco dell’evoluzione, preso in prestito dall’acervus latino, ma lo stesso acervus non ha parentele, non si sa da dove salti fuori. L’acervo è semplicemente il mucchio radunato. Tenendo all’esattezza nella progressione etimologica, precisiamo che l’acervus ha dato vita al coacervare, cioè l’ammucchiare, che il coacervare è stato mutuato in italiano e che qui ha dato vita al coacervo — unico esito ancora vitale della pianta. Peraltro si tratta di un termine recentissimo: i dizionari riportano la prima attestazione negli anni ‘20 del Novecento — al massimo c’è chi si spinge agli ultimi anni dell’Ottocento.

Questo coacervo, questo mucchio confuso messo insieme — nelle lettere e nel significato — si ritrova anche nel suono. Ha una larghezza, un volume notevole: ingombra la frase e ha un risultato semplicemente icastico, incisivo, e che però non perde un filo di elevazione — e anzi sa conservare una certa frammista morbidezza.

Non è notato in maniera rude e pianamente spregiativa come l’accozzaglia, così dura nel suono e nel suffisso -aglia, non ha la paradossale levità dell’ammasso, colossale e adatto anche a descrivere impensabili agglomerati celesti; più stretta su mucchi confusi di cose è la congerie. La caterva gli è piuttosto vicina, anche nel suono, ma mette meglio a fuoco una grande quantità, mentre il coacervo esprime anche una bella varietà, quasi chimerica — come se si trattasse di una bestia mezza coa (?) mezza cervo. Posso dire di aver comprato una caterva di banane, non un coacervo — ma la spesa che ho fatto può essere un coacervo di roba inutile che andrà in larga parte a male.

Posso parlare di come una filosofia dibattuta sia un coacervo di astrattezze, di come il discorso pronunciato a Pasqua dal cugino sia un coacervo di luoghi comuni trucidi, di come l’armadietto che la vicina di casa ha messo sul pianerottolo si sia trasformato in un coacervo di rifiuti di cui non si vuole sbarazzare.

Le parole che sono eleganti nel descrivere trascurate disarmonie si fanno notare, e danno risultati espressivi facili e formidabili.

Parola pubblicata il 06 Aprile 2023