Confetto
La strana coppia
con-fèt-to
Significato Piccolo dolce, di solito costituito da una mandorla ricoperta di zucchero
Etimologia dal latino confectu(m) ‘preparato’, propriamente participio passato del verbo conficere ‘fare, preparare’, derivato di facere ‘fare’, con prefisso con-.
Parola pubblicata il 18 Febbraio 2020
La strana coppia - con Salvatore Congiu
Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.
Napoli, vico Pero, 13 giugno 1837. La sera prima di morire, Giacomo Leopardi riceve due cartocci contenenti oltre un chilo e trecento grammi di confetti cannellini di Sulmona, di cui è ghiottissimo. Il giorno dopo, stando al racconto dell’intimo amico Antonio Ranieri, la golosità del poeta ne ha risparmiato ben pochi. Oggi qualcuno si spinge persino ad imputare a questa scorpacciata la morte del grande Recanatese, come se il male di cui soffriva non fosse stato sufficiente, di per sé, ad orbare anzitempo il pianeta della sua presenza.
Ma com’erano fatti questi confetti? Un po’ diversamente da quelli più comuni: una sottile striscia di cannella ricoperta di zucchero. Quelli classici, invece, sotto lo zucchero hanno una mandorla intera, e sono protagonisti soprattutto ai matrimoni, quando ogni invitato ne riceve una bomboniera (dal francese bonbon, caramella). Oltre che in Italia, sono diffusi anche all’estero: in Spagna sono detti peladillas (letteralmente, ‘pelatine’), in Francia dragées, dal latino – prestito greco – tragémata (dolciumi, leccornie), che in italiano ha prodotto l’ormai estinto tragemato (dessert).
E il nostro confetto, invece, con quella sua aria da participio passato, da dove viene? Beh, da un participio passato, per l’appunto. In latino, confectus significava ‘preparato, manipolato’, da conficere, ‘fare, elaborare, effettuare’, da cui anche confectione(m), confezione, che in italiano ha avuto ed ha una quantità di significati: la preparazione di qualunque cosa, la fattura di abiti, gli abiti stessi, l’approntamento delle merci da spedire e infine l’involucro in cui sono contenute.
Dal francese, poi, nel Settecento abbiamo preso il verbo confezionare, nonostante avessimo a disposizione (proveniente dal latino parlato confectare) il verbo confettare, che però aveva assunto un significato più specifico – e finalmente torniamo in ambito dolciario: rivestire di uno strato di zucchero, proprio come i confetti. Peraltro, anche la frutta fresca si può confettare, o candire, facendola bollire in sciroppo di zucchero per renderla meno deperibile e più gustosa. In francese, un frutto candito (e in generale qualunque alimento immerso in una sostanza atta a conservarlo) si dice confit, e da confit deriva confiture, da cui la nostra confettura.
Insomma: bomboniera, confezione, confettura… In questo campo, al solito, i gallicismi imperano. Niente paura, però: noi ci siamo rifatti ampiamente mettendo i nostri confetti sulla bocca di tutti, non solo dei francesi. Certo, inevitabilmente ne escono un po’ malconci: gli americani li pronunciano all’incirca canfèri; gli spagnoli li hanno scempiati (confeti); in francese suonano grosso modo confettì; i tedeschi li scrivono con la kappa, Konfetti, però li pronunciano come noi.
Ma i maltrattamenti formali sono ancora nulla. Il vero dramma è che proprio tutti – inglesi, francesi, tedeschi, spagnoli ed altri ancora – se li tirano letteralmente addosso. Normale: per loro confetti, Konfetti e confeti sono coriandoli. Già. Un tempo (e talvolta ancora oggi), a Carnevale era d’uso lanciarsi di tutto: fiori, monete, palline di fango, arance, ma soprattutto confetti fatti di semi di coriandolo ricoperti di zucchero, chiamati appunto coriandoli. In seguito, lo zucchero fu sostituito dal più economico gesso, ma quei confetti gessosi furono chiamati anch’essi coriandoli. Infine, negli ultimi decenni dell’Ottocento quei pericolosi proiettili carnascialeschi iniziarono ad essere sostituiti da dischetti di carta colorati, che in Italia si continuò a chiamare coriandoli ma che in tanti Paesi, ormai, erano e rimangono confetti.
Le parole, come le persone, quando emigrano diventano custodi, vestigia viventi di un passato che nella madrepatria il tacito, infinito andar del tempo ha ormai obliterato.