Cruscotto

cru-scòt-to

Significato Pannello con gli strumenti di guida e comando di un veicolo, posto davanti a chi guida; sui carri, pannello che protegge chi guida dagli schizzi

Etimologia etimologia incerta, forse derivato di crusca.

  • «Ho appoggiato il caffè sul cruscotto e sono partito. La macchia rimarrà.»

Giù le carte. Che diavolo c’entra la crusca col cruscotto? Al massimo s’impolvera, questa parte dell’auto che sotto il parabrezza chiude l’abitacolo e accoglie una quantità di comandi. Di crusca non ne vede mai, né mai s’infarina — tranne che se ti ci si rovescia sopra il sacchetto del pane, ma è un’altra faccenda. D’altro canto è evidente che il riferimento alla crusca sia ineludibile. Cerchiamo di fare chiarezza.

Il cruscotto che abbiamo in macchina è l’evoluzione di un parafango anteriore delle carrozze. Il cocchiere se ne stava seduto davanti, subito dietro ai cavalli: camminando, ma soprattutto correndo, questi gentili quadrupedi sollevavano una grande quantità di polvere, terra, schizzi, che avrebbero investito in pieno il malcapitato — se non fosse stato per questa semplice protezione, poco più di un pannello orizzontale.

In una foto del 1870, carrozza e cocchiere, come si vede riparato dal cruscotto.

Benissimo, interessante, ma la crusca, per Giove? Ancora non si capisce che c’entri.
C’è chi dice che su questo pannello anteriore fosse comodo attaccare i sacchi col foraggio per i cavalli. Avranno pur mangiato crusca, no? E di qui verrebbe il nome di cruscotto. Che però è strano faccia questo percorso, la crusca non è proprio il foraggio per antonomasia. Chi ha studiato meglio il problema ha avanzato una risposta — piena di dubbi e ombre, per carità, ma che sembra più plausibile.

Questa protezione trarrebbe il suo nome da un’altra protezione, non troppo dissimile, che si poteva trovare nei mulini. «Chi va al mulino s'infarina» recita un proverbio lapalissiano ma eloquente, e il cruscotto pare potesse essere un riparo dalla crusca, con cui il mugnaio o chi lavorava al mulino evitava gli finisse addosso durante la lavorazione del grano. Non ci stupirebbe una progressione di significato del genere — sarebbero sempre pannelli che proteggono da bruscoli che sporcano. Ma nel sistema tramoggia-macina non si capisce bene da dove sarebbe caduta la crusca, e perché si lavorasse in un punto esposto al suo svolazzìo o alla sua cascata. Non abbiamo niente di meglio.

Ma torniamo ai nostri tempi. La progressione fra cruscotto di carro e cruscotto d’auto è davvero notevole: in questa trasformazione il cruscotto perde la sua funzione di paraschizzi, e conserva invece la sua posizione. Come l’antico cruscotto era posto davanti alla seduta più avanzata e subito dietro ai cavalli, così il nostro cruscotto sta fra noi che guidiamo e il motore (che pure ha un bel po’ di cavalli). Resta un pannello, ma anche interfaccia di comando.

Va notato che comunque il cruscotto un che di basso non se lo scrolla di dosso — il suffisso ‘-otto’ è inelegante, e la crusca, per quanto possa aver vissuto una riscossa di popolarità per i benefici che dà all’intestino, resta umile crusca. Difatti le auto che vogliono mostrarsi più eleganti e avanguardiste dichiarano non un cruscotto ma una plancia — nobile francesismo (da planche) che evoca ponti di comando e aeromobili... e che però comunque deriva dal latino tardo planca, cioè ‘asse, tavola’.
Possiamo ricercare l’eleganza per mari e per monti, ma anche davanti al bolide futuristico non possiamo che schierare un onesto lessico da carrettiere.

Parola pubblicata il 28 Ottobre 2022