Epifenomeno

e-pi-fe-nò-me-no

Significato Aspetto secondario, collaterale, conseguente di un fenomeno; sintomo collaterale

Etimologia composto da epi- ‘sopra, in aggiunta’ e fenomeno.

C’è un fenomeno principale che si sviluppa e sopra, in aggiunta se ne manifesta un altro che ne è frutto secondario: l’epifenomeno.
È un termine altisonante, all’apparenza complesso — apparenza non ingannevole, e la sua aura è rafforzata dalle sue inclinazioni specialistiche in filosofia, in medicina, in psicologia (già otto-novecentesche). Però, come ci accade a volte incontrando persone che ci paiono solenni e impenetrabili, l’epifenomeno sa arricchirci — e magari è perfino una risorsa d’ironia. Inoltre certo, resta una parola di alto livello (anche per questo amata da chi scrive sui giornali e dibatte e fa politica), ma è sorprendentemente spendibile.

Epifenomeno. La porzione del termine che può dare un’immediata incertezza di decodifica del suo significato è quell’elemento epi-: è un mattoncino greco che ha una faccia vista cento volte, però è un tipo discreto, e possiamo avere difficoltà a ricordare il suo significato (che come anticipavo è proprio quello di ‘sopra, in aggiunta, in più, di nuovo’). C’è un tratto di diffusione, di ripetizione, di superficialità e di emersione, in questo elemento epi- — che qui abbiamo applicato a un fenomeno, il quale perciò si sviluppa sopra, consegue. Ma in sostanza di che cosa si parla?

Per capire subito dove va a parare questa parola basta vedere il primo significato con cui è stata usata in italiano: un effetto secondario di una malattia, che si aggiunge senza incidere sensibilmente sul quadro generale. Proprio la secondarietà, la collateralità sono i tratti distintivi generali dell’epifenomeno.

Ora, c’è un nesso di causalità fra il fenomeno di base e l’epifenomeno che ne scaturisce. Potremmo dire anzi che l’epifenomeno è osservato come un affioramento distinguibile e circoscritto di un processo più profondo, complesso e vasto.
Ad esempio si può parlare di come la richiesta montante di case con giardino sia un epifenomeno della pandemia, di come un gruppo politico disorganizzato si aggreghi come epifenomeno di un malcontento che non trova ascolto, di come il caso scandaloso che finisce in tribunale sia l’epifenomeno di un sistema radicato che di solito sa tenersi nell’ombra.

Potremmo leggerlo come conseguenza, ma è una conseguenza attiva, che si sviluppa come fenomeno autonomamente considerabile, ed è considerata unitariamente con la sua causa — non è un mero effetto. Se assomiglia a un altro concetto, forse l’epifenomeno ha un profilo da sintomo. E però potremmo vederlo come l’opposto logico: il sintomo è un elemento che permette, risalendo per induzione, di approdare a un quadro complessivo. L’epifenomeno è una manifestazione osservata che si deduce dal fenomeno principale — il quale dopotutto si dà per noto, visto che si parla sempre dell’epifenomeno di qualcosa. Anche per questo, dicevamo, l’epifenomeno è un fenomeno secondario che non altera il primario: ne è espressione diretta, organica — per quanto minore, episodica, e perfino trascurabile.

Così se ci imbatteremo nell’amministratrice per cui gli scioperi sono epifenomeni capricciosi di poco conto, in un artigianato che è l’ultimo epifenomeno di una tradizione secolare che aveva un rilievo assoluto, o nel suocero che considera le spie dell’auto come meri epifenomeni transitori, riusciremo ad apprezzare la specificità del concetto. Un aspetto secondario, ora di accessoria ininfluenza, ora eloquente.

Parola pubblicata il 17 Giugno 2021