Eradere

e-rà-de-re (io e-rà-do)

Significato Raschiare via, cancellare

Etimologia voce dotta recuperata dal latino eradere ‘raschiare via, distruggere’, da ràdere ‘radere, raschiare, grattare’, col prefisso e- ‘fuori da’.

  • «Qui alcuni nomi sono stati erasi dal racconto.»

Quanti modi ci sono di cancellare qualcosa? Il verbo ‘eradere’ è ricercato, in una certa misura addirittura specialistico, eppure ci racconta un modo di cancellare molto comune, che conosciamo bene, che è nelle corde nostre e della nostra immaginazione.

Il modo in cui si cancella qualcosa di scritto, dipinto, foggiato, dipende molto da quali sono le tecniche con cui si scrive, si dipinge, si foggia. Ad esempio, se voglio cancellare una frase da un documento posso coprirla con un pennarello nero, posso sbianchettarla — ma non posso grattarla via. Al massimo posso trovare a usare una gomma da cancellare, ma il risultato funzionerà poco bene, abraderà molto il foglio.

La scrittura però non ha sempre trovato spazio su supporti del genere. Ai tempi che Berta filava erano diffusi supporti di scrittura che erano costosi e spesso poco pratici, sì, ma molto solidi — dalla pietra alla pergamena. E come si cancella la parte scritta di un codice in pergamena? Lo abbiamo annotato parlando dei palinsesti: si raschia via l’inchiostro, e la pergamena torna quasi come nuova, pronta ad accogliere un nuovo testo. E anche un’epigrafe, un’iscrizione, una parte di una scultura può essere cancellata scalpello alla mano senza distruggere l’opera.

È una parola che in effetti trova il suo uso tecnico in questi ambiti, in codicologia, in paleografia, in filologia — insomma in quelle branche del sapere che s’interessano di testi antichi e delle loro alterazioni. Però capiamo bene che questo eradere (che peraltro già in latino ha il significato di ‘raschiare via, distruggere’) è molto suggestivo, e si presta a delle estensioni di grande valore.

Così come possono essere erasi i volti e le epigrafi di un gruppo scultoreo di cui qualcuno ha voluto rendere irriconoscibili i soggetti, possono essere erase le testimonianze architettoniche di una cultura precedente; così come vengono erasi gli strati della vernice che ha coperto un dipinto, l’operazione chirurgica erade la superficie cutanea per asportare il tessuto alterato; e così come la lametta erade l’inchiostro dal pezzo di pergamena che si vuole usare ancora, la nuova esperienza entusiasmante erade tutte le paure precedenti. Capiamo bene quale sia il punto.

Il concetto del ‘cancellare’ è gigantesco, e si porta dietro di tutto; del modo primigenio con cui segna con un ‘cancello’ la parte di scritto da non considerare conserva però una certa dimensione di leggerezza. Bianchetti, freghi, clic cancellano con agilità errori, debiti, treni. L’eradere, pur se incolmabilmente meno diffuso, viene in nostro soccorso quando, trovandoci alle prese col problema di dire una cosa, cerchiamo un cancellare evidentemente più pesante, più fisico, che però non voglia correre agli estremi generali della distruggere, dell’annientare, del sopprimere.

Una risorsa davvero ricca, precisa, icastica, che si fa notare per una ricercatezza squisita, per una volontà di bellezza ed esattezza che non rinuncia a un’accessibilità completa: dopotutto, che il ‘radere’ c’entri col ‘cancellare’ è nell’orecchio delle frasi fatte.

Parola pubblicata il 11 Aprile 2023