Feneratore

fe-ne-ra-tó-re

Significato Usuraio

Etimologia dal latino fenerator, ‘chi presta denaro a interesse’, derivato dal verbo fenerare, ‘dare a usura’, da fenus, cioè ‘reddito, interesse’, con significato anche di ‘frutto, prodotto’.

  • «Non considererei nemmeno la loro offerta, sono dei feneratori.»

Siamo nell’illecito, nello spregevole e sporco mondo del prestito ad interessi impossibili, cioè l’usura — questa è la parola più comune per indicare tale turpe attività. Dopo c’è il variegato panorama del linguaggio popolare, dei dialetti, dei regionalismi, dei termini generali: cravattaio, che diventa cravattaro a Roma, ci para davanti gli occhi un laido individuo che stringe il nodo della cravatta alla sua vittima fino a soffocarla. Da qui arriviamo agli altrettanto ficcanti strozzino, mignatta, scortechino, per finire poi al generico ma non meno ammiccante prestatore.

Ma c’è un altro termine, alto, desueto, uno di quelli che, se lo si incontra, bisogna forse andare a guardarselo sul dizionario, perché l’etimologia, sebbene di pedigree latino, non ci dà appigli immediati. È la parola ‘feneratore’ e il suo derivato ‘feneratizio’, che con quella desinenza ci dà subito il senso di un termine che è opportuno spendere quando siamo in un contesto formale, in cui il linguaggio necessita di maggiore cura che se fossimo al tavolo del bar con l’amico per il caffè del sabato.

Il feneratore è quindi l’usuraio e il feneratizio è ciò che ha carattere di usura. Dicevamo che il pedigree è puro latino: la parola è attestata già dal prima del Quattrocento, si abbevera alla fonte del verbo fenerare, dare a usura, ovvero il sostantivo fenus, che ci riserba delle sorprese: oltre a significare interesse, capitale, profitto, ha anche il significato più largo di frutto. Qui il legame con un altro termine latino, fenum, cioè fieno. Il denaro come fieno dell’essere umano.

È una parola che cela sotto la sua coltre di impassibile e quasi cerimonioso distacco il fetore del marciume più abietto. Imparrucca e incipria una mostruosità per presentarla con minor imbarazzo al pubblico, ma sotto la patina di elegante belletto si intravede ciò che si affretta a mistificare: non c’è parola che dia dignità a questa figura, e ‘feneratore’ serve solo a parlarne senza sporcarsi troppo.

Quindi leggiamo sui giornali della tragedia di un uomo che è stato sopraffatto dai feneratori a cui si era rivolto in un momento di gravi difficoltà, scriviamo un saggio breve su opere letterarie che trattano il tema dell’attività feneratizia da presentare alla professoressa, concludiamo la lettura del romanzo psicologico Delitto e castigo, in cui l’omicidio di una vecchia feneratrice funge da perno attorno cui ruota la narrazione. Certo, come tutte le parole altisonanti può avere anche un effetto comico quando usata come iperbole: il coinquilino feneratore ci porta una bontà del suo paese che dobbiamo guadagnarci con i doppi turni di pulizie per questa settimana, il patto feneratizio stretto coi colleghi ci obbligherà a pagare il caffè a tutti per un bel pezzo, ma vuoi mettere non dover fare da portavoce alla prossima riunione? Alla fine il denaro non è l’unica merce su cui si può fare usura.

Parola pubblicata il 23 Febbraio 2025