Gatteggiamento

gat-teg-gia-mén-to

Significato Luminosità tipica degli occhi di certi animali, specie dei felini; fenomeno ottico di riflessione interna tipica di certe pietre, che finiscono per prendere una luce mobile simile a quella di un occhio felino

Etimologia da gatteggiare, a sua volta da gatto.

  • «Ho intravisto un gatteggiamento in cucina, il pollo è al sicuro?»

Non stiamo parlando di un generico atteggiamento da gatto, ma di un tratto felino piuttosto specifico, anche se come vedremo si estende facilmente. (E prendiamoci un momento preliminare di gratitudine verso una lingua così tremendamente ricca.)

Il gatteggiamento è la luminosità notturna degli occhi dei felini. Col suo riflesso fra giallo e verde ci accoglie in casa prima che possiamo accendere la luce; ci inquietano i gatteggiamenti che barbagliano fra le frasche quando camminiamo di notte (e speriamo che siano gatti); e quando suona la sveglia guidiamo la carezza verso il dilucolo di un gatteggiamento.
Per inciso, gatteggiare e gatteggiamento sono parole che si sono affermate fra Sette e Ottocento.

‘Gatteggiamento’ è un termine formidabile per la spontaneità con cui riesce a cogliere un filo del reale, sottile sottile ma proverbiale, peraltro forte di addentellati scientifici: i felini sono fra gli animali con occhi dotati di tapetum lucidum, uno strato altamente riflettente che rimanda la luce sulla retina a mo’ di catarifrangente, aumentando la quantità che ne riesce a catturare — e quindi migliorando la visione notturna. (Peraltro i cat’s eye in inglese sono giusto un genere di catarifrangente stradale.)
Ce l’avrebbero anche i cani, questo iridescente tapetum lucidum (insieme a canguri, squali, tursiopi), ma il riferimento al gatto è il più immediato e rappresentativo: ci sono altrettanto familiari che i cani, ma l’attività notturna dei gatti è celebre.

La cosa finirebbe qui, in una specializzazione di concetto insieme popolare, poetica e scientifica, ma il sentiero prosegue in cerca di corrispondenze.
In mineralogia il gatteggiamento descrive un particolare effetto ottico reso da alcune pietre: certe inclusioni cristalline riflettenti, aghiformi e parallele, rendono una luminosità mobile da occhio di felino — talvolta, aggiungendo la suggestione di un taglio di pupilla verticale. Di che pietre parliamo? Fra le più popolari troviamo gli occhi di gatto, gli occhi di tigre — a questo punto chissà perché — anche se propriamente si tratta, il più delle volte, di crisoberilli e quarzi. Quello di seguito è un occhio di tigre.

Il taglio cabochon, senza sfaccettature, esalta questo effetto.
E così noi ci mettiamo nel sacco una parola che identifica con simpatia e precisione estreme un fenomeno così minuto e caratteristico, capace di echeggiare in una così bella maniera nell’osservazione del mondo.
Certo che di gatteggiamenti se ne potrebbero anche immaginare altri, fuor d’occhi luminosi...

Parola pubblicata il 05 Dicembre 2024