Gatto

Parole bestiali

gàt-to

Significato Nome comune delle specie incluse nel genere Felis, di cui la più nota è il gatto domestico

Etimologia dal latino tardo cattus, forse prestito di origine nordafricana.

  • «Qui gatta ci cova.»

Li abbiamo addomesticati da 10.000 anni, eppure nei loro occhi si annida sempre un certo mistero. Non per nulla sono stati adorati come dei e perseguitati come messi del demonio e delle streghe.

Tutt’oggi si dice che possiedano sette vite (o nove nella tradizione anglosassone), in quanto riescono a cavarsela in ogni situazione. Soprattutto è proverbiale la loro capacità di cadere senza gravi danni, grazie all’elasticità della colonna vertebrale e all’istinto di atterrare sulle quattro zampe.

Un omaggio alla loro combattività e furbizia è il proverbio “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, che però in origine recitava probabilmente “non dire quattro”. Il senso comunque è quello: non vantare un risultato che non hai ancora raggiunto. La versione più coreografica si deve all’influsso di un altro detto, “non comprare (o vendere) il gatto nel sacco”, ossia non fare commerci a scatola chiusa.

Le abilità feline si esplicano in particolare nella caccia ai topi, da sempre la loro mansione principale. Infatti se qualcuno tormenta un avversario più debole, sapendo di poterlo annientare in ogni momento, gioca “al gatto col topo”, mentre è risaputo che “quando il gatto non c’è i topi ballano”.

D’altra parte se non sopporto qualcuno potrei dire che siamo “come cane e gatto” o, con più originalità, “come il gatto e l’acqua bollita”. I gatti infatti hanno una certa paura dell’acqua, tanto che, recita una nota filastrocca, quando piove “la gatta non si muove”. Forse ciò avviene anche perché i primissimi gatti vennero alla luce in Africa, dove di acqua se ne vedeva poca.

È paradossale, quindi, che l’equivalente inglese di “piove a catinelle” sia “piovono cani e gatti” (it’s raining cats and dogs). Magari perché una pioggia torrenziale poteva riesumare corpi di animali finiti nelle fogne, o far cadere i gatti che cercavano riparo tra i tetti. O forse si tratta d’una corruzione del greco cata doxa (incredibile, contrario all’esperienza) o dell’antico inglese catadupe, cascata, a sua volta dal greco katádoupoi (nome di una cateratta del Nilo). C’è chi tira in ballo anche Odino, il dio delle tempeste, tradizionalmente accompagnato da cani (ma non da gatti). In realtà nessuno sa cosa sia saltato in testa agli inglesi quando inventarono questa frase.

Anche l’italiano, comunque, non difetta di espressioni curiose, che spesso vedono protagoniste le gatte (anche perché anticamente “gatta” descriveva sia gli esemplari maschili sia quelli femminili, come “pantera” o “tigre”).

Quando in una situazione c’è qualcosa di poco chiaro diciamo che “gatta ci cova”, forse per via della posa dei gatti in agguato. “La gatta frettolosa fa i gattini ciechi”, si sentenzia anche, intendendo che le cose fatte in fretta sono sempre malfatte. Una donna ipocrita inoltre è una gattamorta, il che allude forse alla capacità di alcuni animali (ma non dei gatti) di fingersi morti.

“Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino” si dice invece quando qualcuno insiste in un’azione che non dovrebbe compiere, finendo per subirne le conseguenze. Come il gatto che, per rubare il lardo, viene ferito dal coltello con cui lo si sta tagliando o, secondo altri, ci lascia sopra la propria impronta.

Anche l’origine di “una gatta da pelare” (ossia una questione difficile da risolvere) ha diverse interpretazioni, più o meno cruente. Certo è che anche nella variante più innocua (dove “pelare” vale “rasare”) qualunque gatto opporrebbe una resistenza furibonda, che ben giustifica il detto.

Parola pubblicata il 20 Maggio 2024

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.