Topo

Parole bestiali

tò-po

Significato Mammifero roditore della famiglia dei muridi e del genere mus, distinto dal ratto che appartiene alla stessa famiglia ma al genere rattus. È detto anche sorcio

Etimologia dal tardo latino talpum, derivato da talpam, talpa.

  • «Mi devo sganciare da questa situazione o farò la fine del topo.»

A ben pensarci, la sola azione di leggere questa riga è già un tributo ai topi: forse in questo momento abbiamo in mano quella periferica che gli americani hanno chiamato simpaticamente mouse (topo); e in qualunque caso è certo che stiamo utilizzando dei muscoli, i quali nella fantasia ancor più sfrenata dei latini altro non erano che piccoli topi (mus).

Del resto la caratteristica primaria dei topi è proprio quella di essere sempre presenti e sempre nascosti; non per nulla Calvino, in Palomar, fa di loro un’immagine dell’inconscio, inquietante appunto perché abita nelle nostre fondamenta eppure sappiamo pochissimo di lui.

Lo stesso nome “topo” è frutto di un fraintendimento. I latini ereditarono da una lingua preesistente il sostantivo talpa (talpa), che era maschile ma poi fu interpretato come femminile. Venne quindi coniato il termine talpus, che fu poi applicato anche ai topi fino a prendere il posto di mus.

Non stupisce pertanto che questi animaletti siano diventati il simbolo delle persone riservate, che preferiscono agire lontane dai riflettori: i topi d’appartamento (ossia i ladri), ma anche i topi di biblioteca, che vivono cioè immersi nei libri. Curiosamente, però, quest’espressione è un’esclusiva delle lingue romanze: nelle terre germaniche e slave i simboli per eccellenza dei bibliofili sono gli insetti, come l’inglese bookworm (letteralmente “verme dei libri”).

Talora questa proverbiale attitudine alla vita schiva può assumere tinte fosche, come nell’espressione “fare la fine del topo” che in italiano significa morire intrappolati in un luogo chiuso, con allusione forse ai topi che morivano sulle navi in caso di naufragio o forse alle antiche tecniche di disinfestazione nelle case. Tuttavia il significato della frase non è sempre stato questo: per i Romani significava perire per propria colpa, come il topo che tradisce la sui presenza con gli squittii e perciò viene ucciso; mentre per i Greci implicava morire con rassegnata serenità, come si diceva facessero i topi.

D’altra parte anche quando i topi escono troppo allo scoperto c’è qualcosa che non va. Noi diciamo che “quando il gatto non c’è i topi ballano”, per dire che le persone fanno i loro comodi quando non c’è nessuno che le controlla. Invece in Turchia, per descrivere un luogo deserto e abbandonato, dicono che “i topi ci lanciano i giavellotti.”

L’espressione più strana, però, è “vedere i sorci verdi” (vedersela brutta) o anche “far vedere i sorci verdi”, cioè dare filo da torcere a qualcuno, metterlo in una posizione difficile. Il concetto di base è che, mostrando la propria schiacciante superiorità, si induce negli avversari uno sbalordimento affine a quello che proverebbero vedendo dei topi verdi. La metafora però ha assunto un valore molto concreto in epoca fascista, quando tre topi verdi divennero lo stemma di un reparto speciale dell’aeronautica, e perciò iniziarono a comparire sulla carlinga degli aerei impiegati nei bombardamenti.

Parlando di immagini strane infine non si può non ricordare l’espressione, derivata da una favola di Esopo, “la montagna partorì un topolino”: emblema di una situazione in cui l’esito non è all’altezza delle promesse. In effetti è curioso che proprio i comunissimi topi siano diventati protagonisti di alcuni dei nostri modi di dire più bizzarri. Ma questa è una riprova della loro capacità di infiltrarsi dappertutto… anche nei luoghi più surreali della nostra fantasia.

Parola pubblicata il 26 Settembre 2022

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.