Gitano

gi-tà-no

Significato Termine con cui si indica in maniera impropria l’insieme delle popolazioni romaní; più in particolare, per indicare i Kalé, stirpe romanì stanziata in Spagna

Etimologia attraverso lo spagnolo gitano, dal latino volgare aegyptanum, ‘egiziano’, da Aegyptum, ‘Egitto’.

  • «Diceva di subire molto il fascino della musica gitana.»

Nel colossale romanzo storico Notre Dame de Paris, che Victor Hugo pubblicò nel 1832 e ambientato nella Parigi del XV secolo, la coprotagonista è la dolce e sensibile gitana Esmeralda, accompagnata dalla sua capretta Djali, vittima della cattiveria e della lussuria degli uomini e dei pregiudizi della società. Nata da una prostituta — tirate fuori i fazzoletti — viene rapita alla madre quando ha solo pochi mesi da un gruppo di romaní e viene cresciuta in seno alla loro comunità. Il resto è tutto nel romanzo, un’opera che non ha nulla da invidiare alle tragedie greche in quanto a temi trattati: il dolore, l’ineguaglianza sociale, la disparità tra i sessi, la miseria e i pregiudizi.

Proprio su questi dobbiamo focalizzarci, oggi, per trattare la parola ‘gitano’. Già nell’etimologia si intrecciano leggenda, credenze e bugie: l’italiano la mutua dallo spagnolo gitano ed è attestata abbastanza recentemente, a metà Ottocento. La parola deriva dal latino volgare aegyptanum, ovvero egiziano. Perché mai visto che i romaní, i quali sono divisi in tantissime stirpi differenti, con l’Egitto non c’entrano proprio nulla?
Sì, è vero, ma in un mondo grande e per lo più sconosciuto (come per noi non potrà mai essere), popolato principalmente da gente che non sapeva né leggere né scrivere e che si nutriva di storie e suggestioni, l’Egitto, terra romita, teatro di misteri e di una panoplia di miti per tutti i gusti, era il luogo ideale da cui far provenire un popolo dagli usi e dai colori diversi rispetto agli europei intrisi di gleba, vino e incenso di chiesa.

La cosa curiosa è che questo pregiudizio circa la provenienza egiziana, completamente infondato visto che l’origine dei popoli romaní è stata individuata nell’India settentrionale, abbandonata nell’XI secolo, si riflette anche nella parola inglese gypsy, da Egyptian. Nel tempo, comunque, gitano ha assunto una connotazione spiccatamente iberica, indicando con precisione i romaní stanziatisi nei pressi di o al di là dei Pirenei, appartenenti alla stirpe Kalé. Tra il Tre e Quattrocento, infatti, i Kalé si insediarono in una Spagna dalla conformazione politica molto complessa, divisa tra arabi, cristiani ed ebrei. All’indomani della Reconquista, i Kalé, che erano cristiani, non subirono la stessa sorte di musulmani ed ebrei, e tuttora vi risiedono, distribuiti tra Catalogna, Andalusia, Camargue e anche Portogallo.

I popoli romaní sono un cosmo molto complesso ed eterogeneo, sia sul piano linguistico sia su quello religioso. I pregiudizi, come dicevamo, hanno avvolto queste genti in uno scialle di sospetto, diffidenza e sfiducia, culminate poi col triangolo marrone del Samudaripen, ovvero il genocidio perpetrato dalla Germania Nazista. Far di tutte le erbe un fascio è la strada facile per chi non ha voglia di conoscere il diverso ed interrogarsi su chi è l’altro, come e perché vive in quel modo, che cosa e come pensa, in quali dèi crede e come vuol essere seppellito. Ecco perché molto spesso la parola gitano, come rom, viene usata indifferentemente per parlare di persone Sinti, Romi, Manouche e via così, quando invece dovrebbe indicare esclusivamente i Kalé. E comunque è spesso usato in maniera dispregiativa e razzista — solo un po’ più azzimato rispetto a ‘zingaro’.

Parola pubblicata il 19 Ottobre 2025