Incavolarsi

in-ca-vo-làr-si

Significato Arrabbiarsi

Etimologia composto parasintetico di cavolo, in qualità di alterazione eufemistica di cazzo.

Il cavolo è innocente. Anzi forse proprio per la sua innocenza, per la sua familiarità domestica, innocua e perfino noiosa, quella sua prima sillaba ca- gli ha aperto la strada come candidato ideale per diventare uno degli eufemismi di maggior successo della nostra lingua. L’eufemismo (letteralmente un ‘ben detto’) è una parola o un’espressione che ne copre e dissimula una sconveniente — la quale resta nel discorso mascherata, più o meno riconoscibile, non detta eppure detta, in una versione smussata. Ebbene, l’italiano copre il richiamo alle pudenda maschili non con la foglia di fico ma con quella di cavolo.

La trovata non è antica, e alcuni dizionari danno per attestato l’incavolarsi negli anni Sessanta. Questo significa che la copertura eufemistica di ‘cavolo’, di cui ‘incavolarsi’ è un composto parasintetico (cioè dotato contemporaneamente di prefisso e suffisso), è senz’altro precedente. E in effetti già a metà dell’Ottocento si poteva usare ‘cavolo’ nel senso di ‘cosa da niente’ (“la tua idea non vale un cavolo”): un uso che può essere un riferimento alla povertà dappoco della fronda di cavolo, ma che converge rapidamente sugli usi analoghi di ‘cazzo’.

L’accettabilità incensurata del riferimento alle benevole brassicacee rendono questo cavolo e il suo incavolarsi termini adatti a grandi e piccini. Forse la copertura del ‘cavolo’ nasconde meno di quella del ‘caspita’ (un altro eufemismo di ‘cazzo’), ma è una verdura così poco ambigua e così poco esaltante che il risultato appare del tutto lecito — magari non negli ambienti più formali, ma comunque in maniera generalizzata.

Ora, l’eufemismo ha sempre un effetto sulla spendibilità di un termine, che viene ampliata anche in contesti da cui le volgarità schiette sono bandite; però ha anche l’effetto interessante di unire l’enfasi del riferimento volgare con il suo contestuale esplicito controllo.

In particolare, nell’incavolarsi questa mediazione eufemistica produce un effetto ulteriore dei più apprezzabili, perché le parole con cui decidiamo di raccontare l’arrabbiatura stabiliscono il corpo dell’arrabbiatura stessa. In altre parole, se dico di essere veramente stizzito per ciò che hai fatto, o se chiarisco che sì, mi sono proprio inalberato, definisco e creo una realtà molto più gestibile e lucida rispetto a quando dico — facciamo conto — di essere incazzato come una bestia ignivoma dell’inferno. Il modo in cui si esterna un sentimento gli dà un corpo (e ne scrive già la storia).

L’incavolarsi, intervenendo sull’incandescenza dell’incazzarsi, mette una veste ortolana a un sentimento di rabbia; e questo effetto ironico dell’eufemismo contribuisce a rendere più ridicolo e dominabile un sentimento che molte volte, per il gran calore, sfugge di mano. Se dico “Oh, stavolta mi hai fatto incavolare”, la rabbia è controllata o passata — sono già un po’ autoironico.

Insomma, quando si dice che il cavolo fa bene, questo è vero su molti piani.

Parola pubblicata il 15 Febbraio 2020