Merlo
Parole bestiali
mèr-lo
Significato Nome comune del Turdus merula, appartenente alla famiglia dei Turdidi; più impropriamente attribuito al “merlo indiano” (Gracula religiosa) della famiglia degli Sturnidi
Etimologia dal latino merulum, di origine indoeuropea.
- «Che belli i merli delle mura, gli posso dare del pane?»
Parola pubblicata il 03 Giugno 2024
Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti
Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.
È da un bel po’ che il merlo si porta dietro la fama di stupidotto. Da così tanto, in effetti, che lo dice pure la Divina Commedia. Un’anima del Purgatorio racconta così la sua stolta superbia: “Io volsi in su l’ardita faccia, / gridando a Dio: ‘Omai più non ti temo!’, / come fé ’l merlo per poca bonaccia.” In particolare qui si allude alla leggenda dei “giorni della merla”, gli ultimi (e tradizionalmente i più freddi) giorni di gennaio.
Si racconta infatti che in origine tutti i merli fossero bianchi, poi una di loro sfidò Gennaio in persona, che era ormai sul finire, perché convinta di essere al sicuro dalla morsa del freddo. Il mese, irritato, chiese qualche giorno in prestito a febbraio (che perciò rimase con soli 28 giorni) e mandò il freddo più barbino che poté. La merla e la sua famiglia dovettero cercare scampo presso un comignolo, il cui fumo abbrunò le loro penne per sempre.
Peraltro la cattiva fama ha seguito il merlo anche in mare. Spesso infatti gli animali marini prendono il nome da animali terrestri (pescecane, pesce gatto ecc), e tra questi c’è appunto il merluzzo, che nell’immaginario comune non brilla certo per intelligenza.
Eppure il merlo è tra i pennuti più intelligenti e adattabili, tanto che in francese c’est un fin merle (è un merlo fine) significa: è un furbaccio. Ed è stato proprio grazie alla sua intelligenza che si è diffuso dappertutto, nella vita e – conseguentemente – nella lingua.
Merli, per esempio, sono chiamati quei rialzi in muratura che coronano le mura di torri e castelli, perché la loro forma ricorda la coda o il becco del merlo. E siccome, presi nel loro insieme, tracciano un disegno geometrico e aggraziato, da qui viene anche il nome del merletto. Perfino un famoso vino, il merlot, nasce dal merlo, di cui condivide il colore scuro.
E non è tutto: a loro insaputa, i merli hanno dato il nome a un paese intero. Kosovo infatti è la versione abbreviata di Kosovo Polje, ossia “la piana dei merli”, dove nel Trecento fu combattuta un’epica battaglia tra Ottomani e Serbi.
Ma perché il merlo, vista la sua intelligenza, ha una reputazione così disgraziata? In realtà il Passarini, nel suo storico dizionario dei modi di dire, registra “fare il merlotto” nel significato di fare lo sciocco, e precisa che merlotto vale “merlo giovane”. Quindi forse la stupidità era in origine associata solo ai pulcini del merlo, in opposizione alla furbizia dell’adulto. Tale opposizione sarebbe forse testimoniata anche da un verso del Petrarca, che ricalca un modo di dire popolare: “Già di là dal rio passato è il merlo”, ossia “il merlo ha passato il fiume” (è cresciuto, quindi non si fa più prendere).
Tuttavia il merlo non è l’unico passeriforme a essere tacciato di stupidità, giacché il loro carattere curioso e socievole rende relativamente facile catturarli. Tordo, per esempio, significa sempre sciocco, e ha dato anche origine al verbo stordire. E la stessa sorte è toccata a un uccellino meno noto, il calandro, che per questo però è passato come il merlo agli onori delle lettere. Calandrino, un tempo sinonimo di sempliciotto, è infatti uno dei personaggi meno svegli – e più noti – del Boccaccio.