Misologia
mi-so-lo-gì-a
Significato Sfiducia, avversione per i ragionamenti
Etimologia voce dotta recuperata dal greco misología, da misólogos ‘avverso ai discorsi’, composto di mîsos ‘odio’ e lógos ‘ragionamento’.
- «Striscia una profonda misologia, nessuno crede più nella discussione per risolvere il problema.»
Parola pubblicata il 08 Ottobre 2024
Si dice che ci sia una parola greca per tutto, e oggi non sconfesseremo questa facezia.
La parola in sé pare poco alla mano, come tutti i grecismi, però se la soppesiamo un istante vediamo che i due elementi che la compongono sono abbastanza familiari. Il primo, derivato di mîsos, ci parla di un ‘odio’, e lo conosciamo da molte composizioni antiche e moderne, dal ‘misoneista’ al ‘misantropo’ al ‘misogino’. Il secondo scaturisce da quella che forse è la più famosa parola greca, lógos, il discorso — ma attenzione: di solito l’elemento -logia ha il respiro della disciplina, dello studio (dalla biologia alla geologia), ma qui è insolitamente concreto. Parliamo proprio di ragionamenti, di quelli fatti, che emergono nelle discussioni, nella dialettica.
La misologia è l’avversione per i ragionamenti. Messa così ci viene subito in mente nella sua dimensione più spiccia, «Sai quanta gente conosco che odia i ragionamenti!», ma sarebbe poco generoso: la misologia è un destino che ci aspetta sempre dietro l’angolo, che richiede uno sforzo costante per essere evitato. E abbiamo qualcuno di particolare che ce lo racconta.
Questa parola greca non è forgiata in tempi moderni con elementi antichi, è proprio una parola antica. Troviamo misología nel Fedone di Platone (uno dei suoi dialoghi più importanti, quello della morte di Socrate), e a pronunciarla è proprio Socrate, in una formidabile esortazione.
Si matura un’avversione verso i ragionamenti, un’avversione che è sfiducia, così come si matura un’avversione per le persone (misantropia). La delusione verso persone che abbiamo sconsideratamente creduto migliori di quel che fossero, ci può portare a generalizzare la nostra sfiducia verso la gente — e questo mina il nostro discernimento. Gli estremi di bontà e malizia sono rari, e c’è un mondo di mezzo da considerare e conoscere con lucidità. Così anche i tradimenti da parte del ragionamento, che vaga senza costrutto, che pareva vero e si rivela fallace, che è mal guidato, possono ingenerare un’avversione verso i ragionamenti — parole parole e poi? Ma così si perde anche il buono che la ricerca e la dialettica aprono.
Ecco, questa è una delle raccomandazioni con cui Socrate si getta nelle ultime discussioni prima della morte. Una raccomandazione di saggezza profonda, perché di profonda comprensione. Giudichiamo spesso questo sfaccettato genere di diffidenza con sufficienza, ma lui ci mostra come sia una sorte comune che nasce da certe esperienze di disinganno, e che richiede uno sforzo per essere evitata. Insomma, presenta la misologia per magnificare le possibilità schiuse dall’amore per i ragionamenti, per i dialoghi, per la dialettica, che come ogni amore richiede pazienza e lealtà.
Il boccone, come si sente, è ghiottissimo, e il termine sarà ripreso in filosofia anche da altri pezzi grossi, grossissimi, come Kant e Hegel, rispettivamente quale sfiducia nelle possibilità della ragione e sfiducia nel (suo) procedimento dialettico.
Noi, per conto nostro, possiamo notare la misologia che striscia nel gruppo artistico quando da molto non si riesce a coordinare una nuova sperimentazione, della misologia che regna in paese dopo che anche la nuova giunta ha disatteso le promesse, o di come una critica buona e senza sconti, a monte, ripari a valle l’impresa dallo stagno della misologia.
Certo è una parola ricercata, ricercatissima, ma è anche una parola che rende una riflessione profonda sul nostro rapporto col ragionamento, e quindi è naturale che non possa entrare in ogni discorso. Ma è un profilo di concetto estremamente importante, che di certo torna buono — almeno a chi, come raccomandava Socrate, si tenga alla larga dalla misologia.