Monocratico

mo-no-crà-ti-co

Significato Di organo, giudicante, costituito da una sola persona; che giudica da solo; compiuto con giudizio di una persona sola

Etimologia dal greco monokratía ‘dominio di uno solo’, composto di mono- ‘di uno solo’ e -kratía, da krátos ‘potere’.

  • «È stata una scelta monocratica.»

Il greco antico non è più una lingua tanto nota, ma però alcuni suoi elementi sono usati in maniera semplicemente continua, e creativa, addirittura dalla massa. Se vogliamo inventare una parola, anche un occasionalismo che ci serva solo qui per qui, è estremamente probabile che useremo qualche componente greco (auto-, psico-, tele-, -fobia, -logia, -mania, -patia, -teca — fra prefissoidi e suffissoidi ne usiamo a decine). Uno sempre in auge, nel discorso politico e giornalistico a quasi ogni livello, è ‘-crazia’, col corrispondete aggettivale ‘-cratico’.

Quando usiamo questo secondo elemento per comporre parole, spesso gli attribuiamo il riferimento a un tipo di governo: ce ne sono di più tradizionali, dall’aristocrazia alla democrazia, e di più recenti, dalla partitocrazia alla cleptocrazia. Sono termini che capiamo bene. Ma più propriamente e ampiamente questo ‘-crazia’ è un elemento che parla di un potere, di un dominio, che si può declinare anche altrimenti.

In effetti lo sappiamo già: una parola come ‘meritocrazia’ ci esplicita un criterio di riconoscimento sociale (e quindi di ripartizione del potere) fondata su una forma di merito individuale, e anche la ‘burocrazia’ arriva ad essere un apparato amministrativo polemicamente, come potere dell’ufficio, potere della scrivania. Non si parla strettamente di governi — il riferimento al governo si ripete perché il governo è un’espressione principale del potere.
Il monocratico però, specie in tempi recenti, ha una messa a fuoco e una compostezza che sfugge al gioco spesso incandescente di ‘-crazia’ e ‘-cratico’: ha un uso tecnico nell’ambito del diritto, e rappresenta una posizione che possiamo notare in tante occasioni.

La monocrazia è il dominio di uno solo — ma è una definizione che ha perso generalità: in particolare è il dominio di una persona sola nel giudizio. A decidere, ad essere responsabile di una decisione, c’è una sola persona.

Ad esempio il tribunale, a seconda della gravità della materia su cui è chiamato a giudicare, può essere a composizione monocratica oppure collegiale. In quella monocratica, già lo immaginiamo, c’è materialmente una sola persona a giudicare (e questo, secondo le determinazioni di legge, significa che il caso non è proprio il più agghiacciante e complesso). Potremmo liquidare il termine come un tecnicismo che investe l’organizzazione della giustizia e accontentarci di dipingerlo così, come attributo di un organo giudicante costituito da una sola persona (al massimo estensibile agli organi di controllo, revisione e simili composti da una persona sola che sola ne esercita il potere valutativo), ma è troppo ghiotto: da un lato è accessibile perché gli elementi con cui è costituito sono fra i più usati e famosi fra i costituenti greci, dall’altro identifica una situazione che può essere importante saper discernere. La situazione di chi decide da sé, senza condividere il potere della decisione.

È un termine che possiamo usare quando ci prendiamo personalmente la sola e unica responsabilità per una nostra decisione monocratica che si è rivelata sbagliatissima; lo possiamo usare ragionando dello spazio di scelta monocratica lasciato a figli e figlie; lo possiamo usare quando tracciamo un confine e allontaniamo voci che vogliono impicciarsi, affermando che il nostro sarà un giudizio monocratico; e dentro l’urna, in solitudine obbligatoria e con la matita in mano, facciamo una decisione monocratica.

Il monocratico si contende in una certa misura il campo semantico con l’autocratico, di cui in passato ha condiviso il profilo tirannico: ma oggi solo l’autocrazia, di governo e di giudizio, si conserva dispotica, figura dominante di un dominio assoluto che non guarda in faccia a nessuno. Se decido in maniera autocratica, decido in maniera potente ed egoista. Il monocratico non è (più) così: non è avvitato su di sé, ha un tratto responsabile sì, e ordinario. Semplicemente e sobriamente, decide da solo (mónos, descrive più il ‘solo’ che l’‘uno’), senza radunare un collegio — che non sempre serve. A coglierlo dal lato giusto, ha anche un profilo di libertà.

Parola pubblicata il 24 Settembre 2023