Prefissoide
pre-fis-sò-i-de
Significato Elemento formativo iniziale di una parola composta, che in particolare deriva da una parola di significato compiuto
Etimologia derivato di prefisso (propriamente participio passato di prefiggere, che è voce dotta recuperata dal latino praefìgere ‘ficcare in cima’, derivato da fìgere ‘figgere’ prefisso prae- ‘davanti) col suffisso -oide, derivato dal greco -oeidés ‘simile a’, da êidos ‘forma’, ‘modello’.
- «Da alcune parole greche derivano prefissoidi con cui formiamo parole in italiano, come 'demo-', 'tele-', 'psico-'.»
Parola pubblicata il 22 Luglio 2023
Immergiamoci in una questione più tecnica che riguarda la formazione delle parole, che ci chiarirà alcune idee di base rilevanti: lo faremo sotto l’insegna di una parola che a vederla pare proprio strana — perché un prefisso sappiamo più o meno cos’è, e sappiamo anche che quell’-oide ci predica una somiglianza (spesso poco lusinghiera, ma in questo caso è spassionato). Ma che cos’è che può assomigliare a un prefisso, senza esserlo propriamente?
Anche se oggi la nostra creatività lessicale si concentra quasi solo su parole macedonia, inventate mischiando pezzi di altre senza particolare criterio, le parole si formano principalmente in due modi: per composizione e per derivazione (lo scriviamo continuamente, in queste pagine ‘composto da’, ‘derivato di’). La composizione si ha quando a unirsi sono due parole (come terracqueo, composto di terra e acqueo, o arruffapopoli, composto di arruffare e popoli); invece la derivazione si ha quando dei due costituenti uno è una parola, e l’altro è un affisso che nelle più disparate maniere ne cambia il senso: pensiamo a come i verbi latini infundere, profundere effundere siano derivati di fundere con prefissi, rispettivamente, in-, pro-, e(x)-, o ricordiamoci il petaloso, derivazione delle più piane e innocue da petalo col suffisso aggettivale -oso. Se vogliamo aggiungere en passant un’altra specie di formazione delle parole statisticamente rilevante, aggiungiamo i verbi parasintetici: una parola di base acquista contestualmente, oltre al prefisso, anche un suffisso verbale. Non esiste l’incoraggio né il coraggiare, ma l’incoraggiare (prefisso in testa, suffisso in coda) sì — e discorso analogo si può fare per l’intavolare, l’imbiondire, l’acciuffare e via dicendo.
Il discrimine fra composizione e derivazione è che cosa consideriamo una parola. Può non essere banale capire se un elemento formativo è una parola o un prefisso, ad esempio. Che cavolfiore sia composto da due parole è indubbio. Ma ci sono elementi che hanno una loro autonomia, che pare si comportino con la disinvoltura dei prefissi anche se in effetti derivano da parole di senso compiuto (specie nel bacino di pesca del greco). Tele- (dal greco têle ‘lontano’, che troviamo in televisione e telecinesi) è un prefisso o una parola? Foto- (dal greco phôs photós ‘luce’, che troviamo nel fotoelettrico e fotosensibile) è un prefisso o una parola? E auto- (dal greco autós ‘stesso’)? Scrivo un’autobiografia in autodifesa ma guido un’auto, anzi l’autoambulanza è composta proprio dall’auto che guido e dall’ambulanza.
In quest’area, per neutralità, spesso i mattoni impiegati nella formazione delle parole sono detti ‘elementi’, o ‘elementi formativi’. Laddove però si voglia mostrare la particolare verve derivativa con cui sono usati — senza tanto l’autonomia di una parola indipendente, quanto con il tratto essenziale dell’affisso che dà un’informazione netta e laconica — il termine ‘prefissoide’ può tornarci utile (peraltro fu introdotto dal famoso linguista Bruno Migliorini, a lungo presidente dell’Accademia della Crusca nel Dopoguerra). Lo possiamo leggere come un primo elemento in una composizione, ma ha il profilo di un quasi-prefisso ingombrante che in certi casi può anche stare in piedi da solo — anzi si può considerare che in origine aveva un significato autonomo, mentre noi lo usiamo soprattutto a mo’ di prefisso.
Naturalmente esiste anche l’opposto compare, il suffissoide (che a volte riprende gli elementi usati come prefissoidi): -grafia (monografia, disgrafia), -mania (grafomania, cleptomania), -fobia (claustrofobia, e le mille altre fobie che ripetitivamente inventiamo), -teca (ludoteca, discoteca).
È una terminologia che non è adottata universalmente. Molti dizionari non fanno nemmeno differenza fra derivazione e composizione, in effetti, altri senza impelagarsi nel discernimento di suffissoidi e prefissoidi si attestano sulle possibilità più neutrali (primo, secondo elemento formativo). Altre fonti ancora impiegano il bemolle di termini come ‘semiparola’, per marcare specularmente la capacità compositiva di un elemento. Ma il particolare tratto ibrido di prefissoide e suffissoide ci apre in maniera chiara la porta su quali sono le modalità della formazione di parole nuove. Meccaniche delicate e fondamentali, se si vuole che una lingua prosperi: la conservazione non basta, non basta una continua e sublime ricapitolazione.