Motteggiare

mot-teg-già-re (io mot-tég-gio)

Significato Fare dello spirito, esprimersi con battute facete; conversare piacevolmente; come transitivo, burlare, pungere, prendere in giro qualcuno

Etimologia da motto, voce dotta presa in prestito dal latino tardo muttum ‘borbottamento, minima emissione vocale’.

Certe parole rétro comunicano una grazia lieve senza pari. Qui, nella più smaccata malizia così come nella piacevolezza più serena, abbiamo una parola che coglie l’azione protratta del fare dello spirito.

Il motto è una frase breve, una sentenza significativa e arguta, moraleggiante o spiritosa, e curiosamente il suo nome viene da un termine del latino tardo, muttum, che aveva il significato di borbottamento, di detto minimo; era fratello del muttire, cioè ‘mormorare’ (e qualcuno aggiunge che è della stessa famiglia del mutus). Il motto può essere scritto sotto un simbolo araldico, Hakuna Matata è il motto di Timon e Pumbaa, e fra punto e punto giocando a tennis ci si scambia qualche motto. Ed è di questi motti che si parla col motteggiare.

Le battute, le facezie, le lepidezze dei motti sono brevi e danno ritmo alla conversazione — e nel motteggiare (che ha quel suffisso frequentativo -eggiare) si sente particolarmente bene quella misura minima del muttum che, ripetendosi, susseguendosi, fa la conversazione brillante. Si motteggia a cena riprendendo le celie gli uni degli altri, ci indigniamo quando a teatro sentiamo gente che motteggia due file indietro, gli avventori abituali in pausa pranzo motteggiano in attesa del loro panino.

Il motteggiare è un concetto ampio: descrive un tempo più che un contenuto, che può andare dal conversare con piacevole garbo allo scherzare in maniera triviale. Se però da intransitivo si fa transitivo, il suo significato slitta leggermente, e dà un verso alle sue facezie: motteggiare qualcuno significa prenderlo in giro, punzecchiarlo, burlarsene. Appena il capo autoritario se ne va, tutti lo motteggiano, l’amica ti sa motteggiare in un modo che ti fa scompisciare, e spesso basta una svista per farsi motteggiare.

È una parola di una certa ricercatezza, e come tale adatta anche a sminuire, a domare l’atto del motteggiare — che in sé può avere una certa carica di aggressività e di villania. Ma è sempre la sua ricercatezza che ci permette di rappresentare, in una dinamica scherzosa comune, il ritmo. E non è poco.

Parola pubblicata il 21 Marzo 2020