Putativo
pu-ta-tì-vo
Significato Che è creduto tale pur senza esserlo, apparente; in diritto, di situazione giuridica che non sussiste ma è creduta sussistente dall’interessato
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo putativus ‘apparente, supposto’, da putatus, participio passato di putare ‘credere’.
Parola pubblicata il 01 Giugno 2019
Il putare latino risuona in una quantità di parole italiane molto diverse fra loro: dall’imputato alla disputa, dalla reputazione alla computazione al deputato. Pur se in sfaccettutature delle più diverse, ci parla sempre di una valutazione, di un conto, di una considerazione — infatti il putare non è un verbo dallo smisurato bacino di significati: sono fertili ma piuttosto circoscritti, ed è in base al prefisso che cambiano volto. Qui però, col putativo, siamo davanti a un derivato diretto e scevro da prefissi, che ci rende il putare in purezza (l’unico altro caso rilevante è il putacaso ).
Se il putare latino è un ‘credere’, il suo participio passato putatus è un ‘creduto’; e l’aggettivo che indica in genere la qualità del creduto, ci racconta quindi l’apparente, il supposto. Ora, il ‘putativo’ ha avuto un successo particolare in riferimento al padre: mentre la madre è sempre certa, è tornata utile una dicitura elegante e garbatamente eufemistica per descrivere chi, pur non essendo tecnicamente padre, è considerato tale. L’esempio principe (secondo non poche fonti addirittura modello per il concetto stesso di padre putativo) è Giuseppe, padre putativo di Gesù. Ma non fermiamoci al padre: può dirsi putativo chiunque sia individuato con un sostantivo senza che però gli corrisponda veramente, ma solo in apparenza: c’è il dottore putativo, che tutti chiamano dottore ma nessuno sa bene che cosa abbia studiato, il nobile putativo, che in paese si dà per marchese in modo pacifico e divertito, c’è l’errore putativo per cui già ci stiamo prosternando in scuse bagnate di pianto e sudore freddo ma che invece è del tutto accettabile, c’è l’offesa putativa che si crede tagliente e invece è un complimento. Se poi vogliamo sconfinare nel diritto cambia poco, fra titoli putativi che confondono in buona fede ed eredi putativi che tali si pensavano e invece no.
È una parola che ha un certo grado di ricercatezza, ma la radice che sviluppa è comune, e lo fa in maniera piana ed essenziale. Un bel modo raffinato per descrivere l’apparente in maniera contenuta, dominata, perfino sorridente, senza tirare in ballo lo sbagliato, il falso, il millantato, l’illusione, con la loro durezza e la loro acrimonia.